sabato 11 dicembre 2010

43 Il mare

Prima luce
Tempera su tela cm.25x40





Dal mare
Olio su tela cm.50x60










Fine dell'orizzonte
Olio su tela cm.30x50




Una cert'ora
Olio su tela cm.30x50




Piccolo battello verso sera
Olio su tela cm.40x50




Luce sul mare
Olio su tela  cm.50x70




































































Il mare l'ho frequentato troppo poco, forse per questo ne sono affascinato. Dipingere il mare, cercando di renderne il luccicante movimento e la musica perpetua, con bordone, ritmo ipnotico e melodia sottile, è laborioso, ma mi dà la sensazione di esser lì, ed il movimento scintillante delle onde favorisce la meditazione, come credo succeda a chi traccia un Mandala, o un Arabesco. Dipingere onde che si infrangono sugli scogli, può giovarsi dell'intrinseca spettacolarità del fragoroso effetto per mascherare delle insufficienze rappresentative. Escludendo Turner e pochi altri, il mare mosso avvalla la scena a buon mercato. A me interessa entrare nel concetto dell'immagine, e la calma distesa delle onde mi suscita più profondità e mistero di una ridda di schizzi e cavalloni, magari con tanto di veliero più o meno incagliato. La tecnica d'ispirazione divisionista, che oramai utilizzo costantemente da una dozzina d'anni, rende il procedimento più lungo, perchè il tono che si potrebbe cercare mischiando sulla tavolozza, deve essere ottenuto con la giustapposizione di pennellate di vario colore, che a volte richiedono tediosi tempi d'essiccazione, per evitare che i colori si sporchino tra di loro.
Il secondo dall'alto (olio su tela 50x60) è dei miei inizi con la divisione, circa 1998, timidamente giocato su una dominante d'azzurro, e neanche del migliore: prendevo i pigmenti dove capitava, la scarsità di denaro non favoriva le possibilità selettive, e, in tutta onestà, questo dipinto, intitolato "Dal Mare", non mi ha mai convinto troppo, sebbene sia piaciuto a più persone, fra cui il Maestro Olivieri, il cui parere tengo sempre in gran conto, Sta di fatto che nessuno ha mai manifestato desiderio d'acquistarlo, così lo tengo come testimonianza del periodo, di poco successivo alla ripresa del colore ad olio. Più significativi i due successivi 30x50, dipinti in momenti diversi ma con mood similare, tanto che li propongo in coppia, sempre senza successo. Quello sopra si intitola "Fine dell'orizzonte", ed è stato dipinto dopo l'altro, che s intitola "Una cert'ora", volendo rappresentare la luce diffusa che sfuma le ombre prima dell'alba, intento già presente nel primo lavoro in alto, una tempera del'94. Sebbene indubbiamente figurativi, possono essere considerati come quadri astratti, fermo restando che non dò nessun peso alle differenze di genere; mi piace però che si consideri l'effetto cromatico che ho usato nell'intento di dare luce e spazio, spazio che sia avvertito come sensazione, piuttosto che costruito con espedienti prospettici. Del resto, è mia convinzione che la prospettiva geometrica, con fughe punti ed orizzonte, non sempre ci faccia sentire lo spazio di cui, con pretese scientifiche, dà una rappresentazione, anzi, capita che architetture rappresentate applicando le norme canoniche, risultino bloccate, specie quando si tratta di prospettiva centrale, acquistando anche un aspetto metafisico. Penso allo studiolo, se non sbaglio, di San Gerolamo, dipinto con impareggiabile maestria ed accurata applicazione delle regole prospettiche, da quel Paolo Uccello che ne fu tra i massimi ricercatori, e lo spazio interno, così efficacemente rappresentato, mi appare accessorio alla rappresentazione dei molteplici oggetti ed animali raffiguranti la cosmogonia del santo in questione. Se penso invece ad un paesaggio di Hokusai, prima ancora che le piante, le rocce, le nuvole e gli uccelli illustrati, o le onde, mi vien da considerare l'aerea sensazione di spazio. Chiaro che il confronto nulla toglie alla grandezza di entrambi i Maestri, e la mia prosa inadeguata serve solo a dare idea di una ricerca sulla profondità di campo nella mia modesta dimensione, espressa nel titolo del quadretto dipinto per secondo: spiaggia, faro e barca danno misura delle distanze fra loro senza essere posizionate su direttrici congiunte all'orizzonte, che è fuori quadro, così come negli altri due lavori riportati. Il "piccolo battello verso sera" esclude l'orizzonte con una veduta a volo, e qui inizia una mia ricerca sulle ombre proiettate sull'acqua, che sto portando avanti con lavori più consistenti. Quello posto in fondo, è un lavoro di tre anni fa, un paesaggio totalmente inventato, di cm. 50x70, "luce sul mare" o "Il canto delle onde", di cui penso di potermi ritenere soddisfatto, mentre l'altro è un piccolo lavoro di ricerca, seguendo dei ricordi. Nella ricerca sono presenti anche luce e movimento, su un lavoro più grande mi piacerebbe considerare anche trasparenze e riflessi, tutti elementi fluidi, cercare attraverso la figurazione di arrivare ad una rappresentazione dove gli elementi siano riconoscibili al di là delle figure. Credo in questo modo di proseguire sulla strada iniziata dai futuristi, dispersasi nel delirio ultramodernistico e belligerante che ora, penso, rischierebbe il ridicolo troppo più di quanto lo rischiasse allora. Nè i futuristi erano scollegati da tutte le ricerche perseguite da secoli, da quando i cavernicoli evocavano sulla roccia la preda che colpivano nei loro riti propiziatori: è l' "eterno nella Pittura" rivendicato da Vincent Van Gogh.

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