lunedì 27 dicembre 2010

44 Il corpo e la luce

Susanna e i pesci rossi
Olio su tela cm.60x80


Posa
Olio su tela cm.70x100


Rosso!
Olio su tela cm.60x90



monocromatico di preparazione sulla tela



Il sole ala finestra
Olio su tela 55x115
Probabilmente, non avrei dipinto quest' ultimo nudo, se non mi fosse stato chiesto. Il nudo disteso troppo spesso ha prodotto quadri insulsi, per cui preferisco la figura colta in una sua azione, mi sembra di dar più senso alla pittura studiando di rendere una gestualità, un'espressione colta in un momento intimo, come la signora che si specchia mentre cinge un drappo, o l'artista che si disegna nella discrezione del suo studio, o la fanciulla che nutre i pesci rossi di un laghetto nell'ombra di un qualche parco...la figura di donna distesa ha ovvie implicazioni, favorite qui dal formato oblungo del quadro, 55x115,che fa pensare ad una testiera di letto. Non che io abbia niente contro l'erotismo, mi piacerebbe anzi poter produrre opere decisamente erotiche, anche in azione, e sicuramente saprei come ambientarle. Se riuscissi a vivere con la vendita dei quadri, avrei una produzione del genere, citando magari le pregevoli hopere dell'Hukio-e, ma allo stato attuale non mi sembra il caso di fare lavori che sarebbe problematico esporre. Per questo lavoro mi son trovato a dover inventare una scenografia in una spazio inadeguato, il formato oblungo lasciando poco spazio per elementi di ambientazione, così me la sono giocata con degli effetti di luce e qualche drappeggio, elementi presenti anche negli altri tre pezzi qui riprodotti. Considerando questi miei lavori sulla figura femminile, ho la sensazione d'un trattamento della figura, troppo genericamente scolastico, risentendo della mia carenza di studio dal vivo: lavorando per mezzo di fotografie e tavole anatomiche, resto coinvolto nell'aspetto di "studio", che provoca un blocco interpretativo, dandomi un risultato più lontano da quello che vorrei di quanto non lo sia in miei quadri d'altro genere. Del resto, mettendosi a dipingere seriamente verso la cinquantina, non si può che sentire la mancanza di tutto un percorso precedente, ma rimpiangere il tempo perduto serve solo a fiaccar lo spirito; si può invece cercare con disperata ostinazione di evocare quel che non è stato, illudendo il passar del tempo, e, concentrandosi, si riesce a prodursi una situazione felice. Renderne partecipi altre persone è lo scopo per cui un Artista esibisce la sua Arte.

sabato 11 dicembre 2010

43 Il mare

Prima luce
Tempera su tela cm.25x40





Dal mare
Olio su tela cm.50x60










Fine dell'orizzonte
Olio su tela cm.30x50




Una cert'ora
Olio su tela cm.30x50




Piccolo battello verso sera
Olio su tela cm.40x50




Luce sul mare
Olio su tela  cm.50x70




































































Il mare l'ho frequentato troppo poco, forse per questo ne sono affascinato. Dipingere il mare, cercando di renderne il luccicante movimento e la musica perpetua, con bordone, ritmo ipnotico e melodia sottile, è laborioso, ma mi dà la sensazione di esser lì, ed il movimento scintillante delle onde favorisce la meditazione, come credo succeda a chi traccia un Mandala, o un Arabesco. Dipingere onde che si infrangono sugli scogli, può giovarsi dell'intrinseca spettacolarità del fragoroso effetto per mascherare delle insufficienze rappresentative. Escludendo Turner e pochi altri, il mare mosso avvalla la scena a buon mercato. A me interessa entrare nel concetto dell'immagine, e la calma distesa delle onde mi suscita più profondità e mistero di una ridda di schizzi e cavalloni, magari con tanto di veliero più o meno incagliato. La tecnica d'ispirazione divisionista, che oramai utilizzo costantemente da una dozzina d'anni, rende il procedimento più lungo, perchè il tono che si potrebbe cercare mischiando sulla tavolozza, deve essere ottenuto con la giustapposizione di pennellate di vario colore, che a volte richiedono tediosi tempi d'essiccazione, per evitare che i colori si sporchino tra di loro.
Il secondo dall'alto (olio su tela 50x60) è dei miei inizi con la divisione, circa 1998, timidamente giocato su una dominante d'azzurro, e neanche del migliore: prendevo i pigmenti dove capitava, la scarsità di denaro non favoriva le possibilità selettive, e, in tutta onestà, questo dipinto, intitolato "Dal Mare", non mi ha mai convinto troppo, sebbene sia piaciuto a più persone, fra cui il Maestro Olivieri, il cui parere tengo sempre in gran conto, Sta di fatto che nessuno ha mai manifestato desiderio d'acquistarlo, così lo tengo come testimonianza del periodo, di poco successivo alla ripresa del colore ad olio. Più significativi i due successivi 30x50, dipinti in momenti diversi ma con mood similare, tanto che li propongo in coppia, sempre senza successo. Quello sopra si intitola "Fine dell'orizzonte", ed è stato dipinto dopo l'altro, che s intitola "Una cert'ora", volendo rappresentare la luce diffusa che sfuma le ombre prima dell'alba, intento già presente nel primo lavoro in alto, una tempera del'94. Sebbene indubbiamente figurativi, possono essere considerati come quadri astratti, fermo restando che non dò nessun peso alle differenze di genere; mi piace però che si consideri l'effetto cromatico che ho usato nell'intento di dare luce e spazio, spazio che sia avvertito come sensazione, piuttosto che costruito con espedienti prospettici. Del resto, è mia convinzione che la prospettiva geometrica, con fughe punti ed orizzonte, non sempre ci faccia sentire lo spazio di cui, con pretese scientifiche, dà una rappresentazione, anzi, capita che architetture rappresentate applicando le norme canoniche, risultino bloccate, specie quando si tratta di prospettiva centrale, acquistando anche un aspetto metafisico. Penso allo studiolo, se non sbaglio, di San Gerolamo, dipinto con impareggiabile maestria ed accurata applicazione delle regole prospettiche, da quel Paolo Uccello che ne fu tra i massimi ricercatori, e lo spazio interno, così efficacemente rappresentato, mi appare accessorio alla rappresentazione dei molteplici oggetti ed animali raffiguranti la cosmogonia del santo in questione. Se penso invece ad un paesaggio di Hokusai, prima ancora che le piante, le rocce, le nuvole e gli uccelli illustrati, o le onde, mi vien da considerare l'aerea sensazione di spazio. Chiaro che il confronto nulla toglie alla grandezza di entrambi i Maestri, e la mia prosa inadeguata serve solo a dare idea di una ricerca sulla profondità di campo nella mia modesta dimensione, espressa nel titolo del quadretto dipinto per secondo: spiaggia, faro e barca danno misura delle distanze fra loro senza essere posizionate su direttrici congiunte all'orizzonte, che è fuori quadro, così come negli altri due lavori riportati. Il "piccolo battello verso sera" esclude l'orizzonte con una veduta a volo, e qui inizia una mia ricerca sulle ombre proiettate sull'acqua, che sto portando avanti con lavori più consistenti. Quello posto in fondo, è un lavoro di tre anni fa, un paesaggio totalmente inventato, di cm. 50x70, "luce sul mare" o "Il canto delle onde", di cui penso di potermi ritenere soddisfatto, mentre l'altro è un piccolo lavoro di ricerca, seguendo dei ricordi. Nella ricerca sono presenti anche luce e movimento, su un lavoro più grande mi piacerebbe considerare anche trasparenze e riflessi, tutti elementi fluidi, cercare attraverso la figurazione di arrivare ad una rappresentazione dove gli elementi siano riconoscibili al di là delle figure. Credo in questo modo di proseguire sulla strada iniziata dai futuristi, dispersasi nel delirio ultramodernistico e belligerante che ora, penso, rischierebbe il ridicolo troppo più di quanto lo rischiasse allora. Nè i futuristi erano scollegati da tutte le ricerche perseguite da secoli, da quando i cavernicoli evocavano sulla roccia la preda che colpivano nei loro riti propiziatori: è l' "eterno nella Pittura" rivendicato da Vincent Van Gogh.

domenica 12 settembre 2010

42 Meet Me at the River

Meet Me at the River
Olio su telea cm. 65x95
Finito nella prima metà di settembre, ma ridipinto su un quadro di anni fa, che non conviceva nè chi lo guardava, nè me.
L'intenzione originaria era di rappresentare una bella signora africana in un suo momento di giocoso relax, seguendo immagini che mi suscitava Miriam Makeba, quando danzando cantava, e raccontava le sue canzoni, di una delle quali ho usato il titolo. La figura domina il quadro, ma il taglio stretto non deve annientare l'ambientazione con sole, acqua e vento, che giocano sul grande telo, che avrei voluto con colori più carichi, presenza di nero nero, un disegno vivace e chiassoso, ma mi son trovato a mediare, per non soffocare lo scuro dell'incarnato. Non dico che non sarebbe stato possibile, dico che io non ci sono riuscito.
Anche la figura avrebbe dovuto essere più in carne, ma se non fai Rembrandt o Botero, è difficile far accettare figure sovrappeso. Difficile, non impossibile, ed io non sono perfetto, per di più non posso permettermi modelle in posa neanche per qualche fotografia, e raramente le foto, pur se molto ben fatte, del commercio, hanno la posa che mi serve, per cui l'immagine è "ricostruita" su ricordi di scuola, con l'aiuto di tavole anatomiche, fotografie, opere e soprattutto disegni di tutti quegli artisti che hanno magistralmente trattato la figura umana, con particolare attenzione a quella femminile.
In conclusione, credo di aver prodotto un lavoro valido, criticabile come tutti i lavori: i colori si armonizzano, la divisione e la direzione della pennellata evoca la danzante musicalità che cercavo, insomma penso che qualcuno potrà aver piacere di appendersi questo quadro al muro, anche senza la spiega mia o, il cielo volesse, di qualche critico.

lunedì 9 agosto 2010

41Il gattino rosso di Susanna

Il gattino rosso di Susanna
Pastello a olio su carta cm.50x70
Non ho dipinto gran che, ultimamente, due ore al giorno più sei-otto al sabato sono poche e la concentrazione ne risente. In compenso, riesco a ritagliarmi del tempo per lavorare col pastello ad olio, che, oltre a dare un buon surrogato della Pittura, si può sviluppare come forma autonoma, potendo lavorare più velocemente, senza le noiose attese per l'asciugatura.
Credo anche che prenderò delle barre ad olio, che sono più materiche, per ora ne sto usando una bianca che si rivela molto utile. In questo lavoro, per esempio, il denso strato di bianco mi ha agevolato il lavoro sul panneggio ed in parte sull'incarnato, inoltre la densa materia lasciata dall'oil bar è molto coprente e funziona magnificamente per brilli ed alteluci.
Ho operato su un cartone Fabriano liscio per disegno scolastico di cm. 50x70, copiando da a una foto pubblicitaria su una rivista femminile, vivacizzata con l'aggiunta del micio e la modifica dello sguardo.

lunedì 28 giugno 2010

40 Susanna e il lenzuolo a fiori





Susanna e il lenzuolo a fiori
Pastello a olio su carta cm.35x50
Per il mio genere di pittura, il pastello ad olio può servire a rendere velocemente un'idea di quello che potrebbe essere un quadro. La sua densa materialità permette di avere tinte cariche, sovrapponendo e raschiando con lametta o sgarzino, si può sfumare una tinta dentro l'altra, ottenendo una testura che richiama la tecnica divisionista. Nessuno stupore che Zandomeneghi riuscisse a creare le sue soffuse morbidezze, gli incarnati palpitanti, con un mezzo così elementare, o forse il suo era addirittura pastello secco. Si conferma una volta di più che è la qualità artistica dell'autore che determina il valore dell'opera, valore non di mercato, intendiamoci, quello è regolato da canoni autonomi, che non di rado tengono in nessun conto il valore artistico. Evito quindi di entrar nel merito, anche se nella vita pratica, come tutti, ne subisco il condizionamento. Concludendo, il pastello, è un mezzo semplice e generoso, oltre a gradevoli risultati immediati, offre spunti di considerazione sulla gestione del colore, essendo possibile ogni accostamento senza attese d'asciugatura e senza doversi porre il problema di compatibilità dei pigmenti, in modo da potersi permettere un'infinità di varianti, ripensamenti e correzioni.

domenica 27 giugno 2010

39 Riflessioni dopo la catastrofe

Pala per L'Aquila
Olio su tela cm.90x120
La bellissima terracotta rinascimentale, brutalizzata dal terremoto in modo rimediabile ma significativo sugli arti, attorniata dai vigili, richiama una pala d'altare, evocata anche dal titolo: "Pala per L'Aquila". Non conoscevo l'autore della statua, Saturnino Gatti, ed andandomene ad informare, scoprii che originariamente si trattava di una terracotta policroma, di cui il colore confondeva la delicatezza del modellato, che non esito a definire di gusto Botticelliano. Mi sarebbe piaciuto disegnarla dal vivo, rinverdendo i fasti dei miei anni a Brera, ma dovetti accontententarmi di una buona foto. L'idea di aggiungere il gruppo dei vigili mi venne per averli visti nella foto in questione, scattata sul campo, e comporlo come s'erano composti nei secoli gruppi d'angeli e santi fu naturale, come fu naturale usare per sfondo un abside semidiroccato, rifacentesi lontanissimamente alla Pala Montefeltro di Piero. Mentre lavoravo sulle macerie ai piedi della composizione, mi venne di pensare alla copertina di un disco di Frank Zappa, "We Where in It Only for the Money", dove, parodiando i Beatles di Sgt. Pepper, i Mothers of Invention posano su una discarica con notevole presenza di rifiuti alimentari, ed ho la sensazione che un qualche nesso ci sia, se pur molto remoto ed assolutamente involontario da parte mia, o meglio, dalla parte cosciente di me. Del resto, ho più volte sostenuto che una sorta di possessione guida il lavoro dell'Artista, in uno stato della mente che produce gli a solo di charlie Parker, come i versi di Cecco Angiolieri, e perdonate se oso intrufolarmi tra eccelse figure. Tornando al quadro, il pretesto per dipingere la bella Madonna, è un memento per la sciagura, ed un omaggio ai vigili del fuoco, per i quali nutro simpatia, sapendo che intervengono efficientemente e senza fanfare, come testimoniato dagli stessi superstiti dell'Aquila. Le mani troncate, che non possono nè pregare, nè benedire, denunciano l'inefficienza del Governo, che si sprecò, nella persona del Leader Maximo, in altisonanti promesse di ricostruzione, in buona parte disattese. Ma a breve periodo, Haiti fu colpita da un sisma più forte, che devastava ulteriormente un'isola già carica di umanità senza speranza. Il quadro non era finito, e fu ovvio dedicare il mio modesto segno, nella generalità delle sciagure, a quelli che portano soccorso dove serve, ponendo i Vigili del Fuoco come simbolo di quell'esercito disarmato che combatte contro la sofferenza. Mi rendo conto dei rischi che si corrono usando simbologie retoriche e toni celebrativi, ma penso che un quadro può fornire argomento di riflessione su eventi drammatici, che è giusto non dimenticare, come giusto è non dimenticare che è Pittura, quel che vado facendo. In questi ultimi giorni, oggi è il 3 di dicembre, stanno arrivando terrificanti notizie di una epidemia di colera nell'isola di Haiti, con resoconti di immagini infernali di una tragedia resa ancor più tragica da follie superstiziose, con presunti untori fatti letteralmente a pezzi, mentre adulti e bambini, soprattutto bambini, cadono decimati da un morbo schifoso che, dicono, potrebbe essere debellato semplicemente con acqua pulita, magari con un po' di cibo sano. Qualunque discorso rischia la banalità, e nessun dipinto d'immagine apocalittica potrebbe essere memento di questa e di tutte le altre disgrazie che straziano l'umanità, la parte più debole, mentre la parte ben pasciuta dovrebbe rinunciare a ben poco, per risolvere: mi risulta che ci siano impianti che dissalano l'acqua marina, installati negli Emirati del petrolio da industrie brianzole, si mandano uomini e mezzi, costosissimi mezzi, a far massacri per difenderci, dicono, da altri massacri, e solo sparuti gruppi di brave persone soccorrono quel che possono, quando una massiccia operazione, coordinata dagli abili strateghi che ogni nazione "civile" mette in campo, potrebbe, in poco tempo, e spendendo meno di quanto costa la più stupida delle guerre attualmente in corso, porre fine a questa guerra che l'umanità disperata continua a perdere, spesso senza poter combattere.

mercoledì 23 giugno 2010

38 L'ultimo ballo

Primo studio


Bozzetto gouache
Save the Last Dance for Me
Olio su tela cm. 90x110
L'idea m'era venuta guardando il clown di Hopper in mezzo ai commensali su una terrazza, dove nessuno si cura di lui, un'immagine di solitudine accettata con tranquilla consapevolezza che in qualche modo mi evocava le dolci melancolie di cui Fellini è maestro, con un sottofondo di valzer che arriva sussurrato da un grammofono fuori scena. Disegnai infinite volte la cameriera, che doveva avere un fisico appropriato, volevo che si abbandonasse danzando in un abbraccio immaginario, con lieve autoironia. Disegnando le sedie, poi, mi venne in mente anche un lavoro di Pina Bausch che danza circondata da sedie da cui cerca di liberarsi, inserito in non ricordo che film di Almodovar, forse "Parla con lei". Le mie sedie, però, non imprigionano la mia danzatrice, sono piuttosto un discreto pubblico per la sua gioviale solitudine. Pensando al titolo, mi venne in mente la canzone sambeggiante che avevo sentito da Sam Cooke, o forse era Smokey Robinson, in italiano la facevano i Rockes di Shapiro. Seppi in seguito che l'autore era un ragazzo sfortunato, che, costretto su una carrozzella, guardava la moglie divertirsi nella danza, aspettando con amorevole indulgenza di rincasare assieme a lei. Il valzerino alla Nino Rota fu quindi abbandonato per la tenera amarezza di quel testo sconsolato su un ritmo limbo, e penso che alla fine il quadro abbia relizzato quell'atmosfera sospesa che cercavo, ebbra nella brezza dell'ora lunare, dondolata sulle onde là fuori, mare o fiume, non importa sapere.






lunedì 17 maggio 2010

37Across the Bridge

Across the Bridge
Pastello a olio su cartone
cm.35x50
C'è un ponte nella leggenda di Sonny Rollins, dove si racconta che si recasse di notte ad esercitarsi col sassofono, in quelle lunghissime conversazioni con la musica che successivamente offrirà nei suoi concerti, sia spalleggiato da colleghi sopraffini, sia in perfetta solitudine. Io però ho tuttora viva l'immagine di quest'uomo in abito nero, "rasato come un bonzo", che tiene il palco per tre quarti d'ora limitandosi a soffiare poche note senza seguito, sulla testura di Max Roach e di un contrabbasso di cui dimentico il nome. Era il 64 o 65, non si suonava molto jazz a Milano, e Sonny Rollins mancava da qualche tempo, anche dalla scena internazionale, così lasciò in sospeso tutte le aspettative, ma nessuno si arrabbiò, tale il rispetto per un artista che è riduttivo definire grande. Inoltre il sestetto di Max Roach aveva fatto meraviglie nella prima parte, di musica ce n'era stata, si poteva tranquillamente riflettere su un'onesta mancanza d'argomenti, o dell'umore per esporli. Un lavoro su Sonny Rollins ce l'ho sempre avuto in mente, ho fatto diversi schizzi, questo col pastello ad olio è il più completo, forse ne farò un quadro. Stendendo e raschiando e ristendendo il pastello, si ottiene un effetto di velatura e divisione assieme che va studiato ed affinato, per dare al lavoro maggior consistenza, e si può intervenire sul colore, troppo deciso, dei pastelli.

mercoledì 28 aprile 2010

36 Mood Indigo

Lady and a Tramp
Olio su tela  cm.40x70
Mood Indigo
Pastello a Olio su cartone telato
cm.35x50
Due lavori che hanno molto da spartire, per il soggetto e per l'atmosfera di intimo contatto fra i musicisti.
"Lady and a Tramp", un olio su tela, gioca sul personaggio di Billie Holiday, sebbene la somiglianza sia molto vaga, essendomi accontentato di rendere il romantico erotismo del suo talento, sfumato nella tenerezza del personaggio disneyano presente nel titolo. Al sassofono potrebbe essere Coleman Hawkins, Lester Young o Dexter Gordon, o uno qualsiasi degli eccezionali solisti che duettarono con la Signora, quel che conta è che entrambi li avvolge quel turbinio di colori frammentati, che intende rappresentare la musica di quel dialogo improvvisativo che è la squisitezza del jazz. Il quadro è del 2002, ottenuto spruzzando e gocciolando colori che poi ho integrato a pennello, seguendo la traccia del preciso abbozzo monocromatico di partenza. Fu esposto varie volte, apprezzato ma mai comprato, del resto non ero convintissimo del risultato, per cui lo riposi, finchè mi venne l'idea di metterlo in rete, prima su flickr, poi su paintingsilove, dove ricevetti un riscontro al disopra di ogni mia aspettativa, con decine di commenti entusiasti. Visto che un pezzo analogo,"Blue Note on a Walking tempo", raffigurante un gruppo bop con cantante, era andato perfino venduto, ho pensato di proseguire sul filone, diciamo, leggero dei quadri che dedico al jazz, lavori di piccole dimensioni, più d'ambiente che specifici su un personaggio. Nella mia vita attuale, svolgo un lavoro di custode che mi permette di campare, ma mi vampirizza, coi vari spostamenti casa-lavoro-bottega, una dozzina di ore al giorno, cosicchè mi sono organizzato nel bugigattolo che funge da portineria, in realtà un cesso in fondo al cortile, per poter fare qualcosa nei momenti di fermo, cose modeste con acquarelli e pastelli, e questo mi ha portato a scoprire il pastello ad olio, che, avendo consistenza materica e restando solido alla stesura, mi permette di sovraporre le tinte, studiando e rifacendo, ottenendo un aspetto finale non troppo diverso da quello del colore ad olio, in cui la divisione offre tutta un'altra ricchezza di toni. Così ha origine l'altro lavoro che, derogando dal mio vezzo di evitare l'ovvietà del Blue, si intitola "Mood Indigo", lavorato su un cartone telato. La possibilità di sovrapporre le tinte senza dover aspettare l'asciugatura, favorisce una ricerca accurata sul colore, solo parzialmente disturbata dalla tendenza dei pastelli ad impastarsi producendo sfumature indesiderate, cui d'altronde la possibilità di raschiare e ridipingere dà buone possibilità di controllo, pazienza se si perde un po' di freschezza. Si tratta quindi di sviluppare accorgimenti che producano effetti, equilibrando i quali ci si avvicina al risultato desiderato. In questa seconda rappresentazione, i musicisti non stanno suonando, ma la musica è presente mentre vanno concordando un'esecuzione, su che ritmo muoversi, per trasmettere quali sensazioni umorali...mood, per l'appunto, per di più indigo.

giovedì 22 aprile 2010

35 A Venezia

Venezia (da Sargent)
Olio su tela cm.40x50


Venezia a memoria
Olio su tela cm.50x60


Vittore Carpaccio Back Home
Olio su tela cm.40x50



Camminando
Olio su tela cm.50x60
Difficile, anzi impossibile, non innamorarsi di Venezia.
Impossibile non incazzarsi per quel che le fanno turisti, governo e veneziani. Impossibile non apprezzare certe improvvise solitudini che sorprendono chi vi si perde.
Vado a Venezia tutte le volte che posso, e puntualmente provo il desiderio di mettermi a dipingere sul bordo di un canale, o all'ombra di un sotoportego, ma certe cose non usano più, così mi limito a bere tutte le immagini che posso, per servirmi della loro memoria quando, a casa, dipingo Venezia. Può anche succedere che prenda da qualche Autore, o che mi serva di fotografie, ma la cosa principale è che cerco sempre di ricreare l'anima di questa meraviglia, le sensazioni che la città riesce a dare tutte le volte che ci si ritrova.
Il primo lavoro in alto è preso da un acquerello di Sargent, trattato ad olio alla mia maniera su una tela 40x50, e visto adesso mi sembra molto scolastico, si sente tutto il peso del grande Maestro, ma c'è la luce, e la pietra , e l'acqua, senza dubbio si tratta di Venezia.
E Venezia a memoria é il titolo del secondo, 50x60 dipinto da un veloce schizzo fatto forse dodici anni prima, è quindi la memoria che ha prodotto la maggior parte di questo lavoro. Col terzo lavoro mi rivolgo a Carpaccio ed al festival del cinema, in un paesaggio di pura fantasia: olio su tela cm. 40x50, Vittore Carpaccio back Home. Ho cercato di richiamare i colori del Maestro, ponendo il punto di vista in basso, come da su una gondola; la presenza dell'acqua si riflette sui muri, l'effetto non è il più felice, ma da qui comincia un discorso che intendo proseguire, dipingere Venezia senza dipingere l'acqua, facendola in qualche modo avvertire, evitandone la rappresentazione più consueta. Il titolo in Inglese evoca il cosmopolitismo del cinema, e la casualità di un lenzuolo steso, di proporzioni esagerate, suggerisce un silver screen che Carpaccio avrebbe saputo vivificare come i suoi teleri. Manca l'acqua anche nell'ultimo pezzo, "Camminando", un olio su tela cm. 50x60 dove ho lavorato solo di fantasia, celebrazione delle passeggiate Veneziane che preferisco. Un pigro ambiente domestico, l'eterno appostamento del gatto, gli eterni piccioni, una bella giornata col sole, anche d'ottobre, sole che gioca i suoi riflessi sulle pareti e sotto il ponte, il sontuoso palazzo che emerge discretamente sullo sfondo, Dimensione Umana in cui sono a mio agio. Ammetto una volta di più che il riverbero riflesso dall'acqua pootrebbe esser fatto meglio, ci studierò.

martedì 20 aprile 2010

34 Susanna e i pesci rossi

Susanna e i pesci rossi
Olio su tela cm. 60x80
L'episodio biblico dei vecchi guardoni ha fornito pretesto ad insigni Maestri per raffigurare una giovinetta discinta. Del resto, fra mitologie e fatti storici, pretesti per il nudo non ne mancano, ma quello di Susanna è particolarmente allusivo, facile l'identificazione dell'Artefice o del committente, quando non di entrambi, in uno dei vecchi farfalloni, ammaliati da quella calda freschezza. Detto questo, io limito la raffigurazione alla grazia femminile, concettualizzandone la contemplazione nel suo aspetto innocente, senza però tralasciare un'ombra di malizia ricordata dal nome, che faccio ricorrere spesso quando dipingo un giovane nudo femminile. Un po' come il Loplop, alterego di Max Ernst, Susanna è una figura di cui ci si compiace, osservandola però con la distanza del rispetto artistico. Oltre a ciò, di questo quadro, mi interessa lo studio del riflesso trasparente, del guizzo dei pesciolini, e la danza scherzosa di luci ed ombre fra le foglie e sull'epidermide dorata.

martedì 6 aprile 2010

33 Pensiero remoto


Tempera su carta, circa 50x70, dipinto nei primi '70, intelaiato di recente, e titolato Veloce, di notte.
Avevo un pezzo di quella cartaccia bluastra con cui una volta si ricoprivano i libri di scuola, ma che serviva anche per confezionare i chili di spaghetti in pacchi chilometrici. Con tempera da studio, tracciai questo quadro senza troppo starci a pensare; al dipinto, non pensavo, pensavo invece a tutte le suggestiondi un viaggio notturno, guardando fuori dal finestrino di un treno. Rapide apparizioni di crateri profondi che sparano vegetazione, cespugli e canneti, luci improvvise, materializzazioni di colori subito riassorbiti dall'oscurità sferragliante, un fischio taglia attraverso tutto, lontanissima appare una città illuminata che tarda ad avvicinarsi.
Con la pittura maturata in 30 anni, ho ripreso l'argomento nel "Cuore delle tenebre", associandovi il senso di mistero magnetico così ben narrato da Conrad, elaborando nella direzione della mia ricerca attuale le tinte che qui avevo indicato con poche, rapide pennellate d'una temperaccia da scuola date col più miserabile pennello made in China.

lunedì 29 marzo 2010

32 Lo scintillante Futuro

Lo scintillante futuro
Olio su tela cm.80x90

Ho dichiarato, e semprre lo farò, la mia ammirazione per i Maestri Futuristi. Attraverso l'interazione fra disegno e colore, con loro prorompe nella Pittura l'elemento del movimento, non che ne fosse estraneo precedentemente, ma ora acquista consapevolezza, da elemento accessorio di un episodio, diventa lo scopo di tutta l'opera. Matura qualcosa che è andato crescendo nei secoli, fin da quei serpenti che avvolgono Laocoonte, scultura che certa critica intende mortificare definendola pittorica per il suo sviluppo su un piano frontale piuttosto che nello spazio, ancor prima dalle lunghe file di personaggi "scritte" dagli Egizi, dalle lance scagliate nei graffiti rupestri, dal volo di angeli sui fondi dorati delle pale d'altare: ora non è più il soggetto rappresentato, ma la Pittura che si muove, respira, vola. Questa maturazione produrrà opere sensazionali, voglio citare solo la Rissa in Galleria, dove macchie di colore sono urla, spinte e cazzotti, in un dipinto di dimensioni modeste che va molto oltre la sua cornice, invade il mondo con la sua forza, chiama artisti da tutte le parti, da tutti gli ismi che fermentano in Europa e nella nascente Unione Sovietica. Espressioni che taluni, nel loro sempiterno anelito di categorizzazione, amano considerare minori, come p.e. la grafica anche propagandistica, pongono in movimento i loro elementi, la storia si svolge in un unico quadro, anche il giovane cinema scopre il movimento. Sarà una bestemmia, cosa che del resto a loro non sarebbe dispiaciuta, ma sono riconducibili all'idea futurista gli esperimenti filmici di Picabia e di Man Ray.
Trovo francamente riduttivo il limitare l'opera di artisti quali Boccioni, Balla, Depero e tutti gli altri, al movimento vissuto in un periodo infausto , mentre le loro influenze e le analogie figurative sugli altri artisti del tempo sono palesi, e mi sembra ingeneroso scaricar loro addosso il peso di un'i dea sociale e storica scellerata, accolta con pari entusiasmo da scrittori, musicisti ed intellettuali di vario genere, cui non si appiccicano imbarazzanti etichette.
Nel mio lavoro intendo sicuramente pagare tributo ai Futuristi, studiandomi una tecnica di colore diviso che cerca dinamiche di movimento diverse: il lampo della scintilla elettrica, il lento sferragliare della locomotiva che entra sospirando in stazione, il rotolio aereo della fumata. Ma il titolo ironizza sulla macchina elettrica trifase, avveniristica ai suoi tempi, matura per il museo dopo alcuni decenni, e priva dell'eleganza meccanica della vaporiera: la bellezza dura nel tempo, il futuro è un concetto instabile.
Times they are a changing.

domenica 21 marzo 2010

31 Non tutti i mali....




After Midnight
acrilico+ olio su tela
cm.50x60
Against the Wall
Olio su tela  cm. 60x80
Quel che accomuna questi due lavori, oltre l'ambientazione  notturna, è il fatto che mi sono stati entrambi sgraffignati, in situazioni diverse. After Midnight, un acrilico ripreso ad olio su tela cm.50x60, era stato fatto assieme ad un altro, su richiesta di un mercante che, fattomi calare dall'alto il suo interessamento, aveva cominciato a fare il difficile quando si sarebbe trattato di scucire. Trattenuti i lavori, li affidai a persona amica, che li fece incorniciare e li "regalò" ad altra persona amica sua, promettendomi un pagamento che non arrivò mai.
Non avevo dato importanza a questo lavoro, eseguito per mere ragioni commerciali, ma riguardandone la foto, trovo che l'immagine possa funzionare per un quadro più serio, disegnato con più precisione e trattato con più cura, che si inserirebbe in quel mio filone di gruppi in azione, cui appartiene l'altro, Against the Wall, dipinto nello stesso periodo, olio su tela 60x80, questo semplicemente fregatomi da un ladro a Busto Arsizio, avendolo io posato con altri due fuori da un ristorante, alle spalle del Commissariato di P.S.
A parte il perverso compiacimento, derivato dal fatto che ciò che viene rubato, qualcosa deve pur valere, credo che ridipingerò questi due quadri, perchè si collocano nel momento che avevo cominciato a sperimentare la divisione del colore, ed i soggetti sono di quelli su cui mi piace tornare.

giovedì 18 marzo 2010

30 Heart of Darkness-rilettura

Credo che la traduzione ricorrente,"cuore di tenebra", sia inesatta. Leggendo il romanzo di Conrad, mi pare più appropriato "il cuore delle tenebre", perchè il soggetto mi pare essere il mistero inesplorato nel profondo della giungla, come dell'animo umano, di cui Kurtz è un'espressione, e non il soggetto stesso, come potrebbe invece apparire dall'interpretazione cinematografica di F.F. Coppola, che però, nella lunga versione non mandata nelle sale, ci presenta un panorama più diversificato di varia umanità, anime perse vaganti negli inferi che il cinico capitano con incarico speciale attraversa non senza qualche sbalordimento, fino a raggiungere l'angelo sterminatore che gli toccherà di giustiziare, in quello scenario apocalittico dichiarato dal titolo del film
Io conosco solo la giungla urbana, e l'inesplorato metropolitano, che può anche essere una fermata di autobus o di treno locale nell'hinterland, o le luci di una strada parallela a quella che il nostro mezzo percorre, o quando si arriva sonnecchiando in un altro posto, non necessariamente troppo lontano, vagamente coscienti di dover affrontare situazioni alle quali non ci si sente preparati e che volentieri avremmo trascurato.
Oltre la ovvia ricerca pittorica sui toni scuri, la profondità di campo e le dinamiche, in questo piccolo olio su tela(cm.50x65)ho voluto considerare aspetti della distanza fra le persone, del viaggio e della vita, riflessioni che si fanno nel tempo sospeso che precede l'arrivo in stazione. Una stazione qualsiasi.

domenica 14 marzo 2010

29 Tempo andato



Gouache
Olio su tela
La malinconia del tempo che trascorre è il soggetto, RUST il titolo che lo sintetizza. La locomotiva disarmata, già evoca tempi trascorsi, le vestigia di un tronco ferroviario invaso oramai dalla vegetazione che ostinatamente fiorisce i suoi papaveri, e chissà quanti altri piccoli fiori che il verde fagocita, la ruggine che, come l'edera, invade il vecchio ferro vestendolo di nuovi colori, sono tutti elementi di una mutazione in atto, così lenta da dare un senso d'immobilità. Solo i pensieri si muovono, leggeri come nuvole, stratificando ricordi e sensazioni ricordate, stemperando il rammarico per cose che avrebbero potuto essere in una pace serena. 
Su queste note ho composto il bozzetto a guazzo, cercando colori adeguati, elaborando poi il quadro ad olio, piuttosto piccolo, 40x50 cm. 
Lavorando col colore diviso, la ricerca delle tinte diviene minimale, offrendo possibilità di sfumature infinitesime, di cui ancora si nutre, in questo caso, la serena immobilità. In altri quadri il colore diviso alimenta le dinamiche di movimento, fino alla pura violenza, tal quale le stesse note possono comporre musiche differenti.
















domenica 7 marzo 2010

28 Susanna al crepuscolo-Varie fasi di un quadro

Nel filmato mostro alcune fasi di questo lavoro, olio su tela cm.50x80, per mostrare che, pur partendo da un cartone studiato, modifico il disegno dipingendo, alla ricerca di un'ottimizzazione finale. Non potendo permettermi modelle professioniste, disegno i nudi sulla memoria di qualche lezione a Brere, servendomi di fotografie e tavole anatomiche, talvolta prendo l'immagine da una riproduzione d'Autore, mai totalmente da fotografia: le lenti producono svarioni proporzionali, che, se sono accettabili nel linguaggio fotografico, generano disarmonia nel dipinto. Penso che la figura dipinta possa accettare qualsiasi modifica e deformazione che sia decisa e voluta da chi dipinge, le modifiche dovute alla fotografia sono invece pilotate dal mezzo, con una casualità che raramente funziona. Tutte le mie figure sono "inventate" o dovrei dire "costruite", con la pratica di disegno che dichiaro e promulgo ogni volta che mi capita. Non si sa mai disegnare perfettamente, si migliora disegnando sempre, si pensa un quadro e si schizza rapidamente un progetto, poi si considerano i vari elementi, li si studia, si torna all'insieme...forse quel quadro non lo dipingeremo, forse ne faremo uno procedendo di getto. Ma il prodotto dello studio ci condurrà comunque alla visione mentale dell'insieme, e magari inconsciamente, il nostro lavoro se ne gioverà.

venerdì 5 marzo 2010

27 Piccolo battello verso sera

Olio su tela cm.30x40. Concluso da poco più d' una settimana, non è un lavoro particolarmente pensato, rientra nella serie della ricerca sul movimento e sulle luci,è figurativo, ma penso che si possa guardarlo per tutti i versi, come un buon quadro astratto. Penso anche che cose di questo genere sia meglio farle su formati più grandi, almeno il doppio, per poter sviluppare bene i passaggi di colore. Qui il problema è sorto quando pensavo d'aver finito, chè guardandolo qualche giorno dopo giallo e azzurro creavano un contrasto buono per la reclame della cera per pavimenti, così ho modificato frapponendo punti di bianco e correggendo i colori. Un lavoretto, insomma, non molto importante, anche se sono quasi soddisfatto degli sbuffi; riprendendo il soggetto, cercherei di farlo meno piatto dall'alto, con maggiore profondità di campo. Anche a questo serve avere semprre qualcosa da dipingere tra le mani, intanto che si dipinge qualcosa, e si applica un colore, o si elabora una testura,o si fa una velatura, si pensa a qualcos'altro che si potrebbe fare, o come funzionerebbe quella data velatura sull' altro lavoro che stiamo facendo, magari si sospende il lavoro in atto e si inizia qualcosa che è venuto in mente, il che, dipingendo ad olio, compensa i tempi necessari per l'asciugatura dei vari strati. Alla fine, si potrebbe dire che è come fare per tutta la vita lo stesso dipinto, che è poi quel che fa sì che i dipinti di un'artista possono distinguersi da quelli degli altri per essere caratterizzati da qualcosa che viene definito"stile", o "maniera".

domenica 14 febbraio 2010

26 L'età del ferro


La locomotiva è ferma, mostra orgogliosamente i muscoli, ma è già un monumento. L'immagine evoca il respiro e lo sferragliare, come di fantasma che trascina le sue catene.

domenica 24 gennaio 2010

25 Risultato finale

Sabato 16 gennaio, ho deciso che non aveva senso proseguire, il quadro può funzionare nell'insieme, tutti i ripensamenti e le idee susseguitesi nel corso del lavoro, potranno trovare spazio in lavori futuri. Pur non escludendo che potrei tornarci sopra fra qualche tempo, considero questo un quadro finito. La locomotiva ha il suo peso, si inserisce bene nel paesaggio, le fumate e gli scarichi di vapore sbuffano, lo sfondo evoca uno spazio maggiore di quello che si vede, ed anche il posizionamento degli alberi di qua del muro suggerisce un avvallamento del terreno. Per le lontananze è stato molto utile l'azzurro cobalto,spento con terra verde e bianco di zinco, il giallo di cadmio ha trionfato nel dare contrasto alla vegetazione più vicina, gli stacchi rossi opportunamente assorbiti dalle altre colorazioni svolgono egregiamente la loro funzione. Fondamentale il violetto, che avevo snobbato per anni, per la trasparenza delle ombre. Ripensandoci, penso che per la profondità avrei dovuto riferirmi all'ampio respiro delle montagne di Segantini, applicandolo a quel claustrofobico ambiente industriale, ma non ci ho propio pensato, cercando cerebralmente in mie trascorse impressioni.

lunedì 11 gennaio 2010

24 argomentando


Olio su tela cm. 40 x 50
Ho chiamato questo quadretto "Race Is When You Run", in linea con la mia posizione verso il deliquio razzista che sta affliggendo l'attualità, ma parte da un lavoro, matita o lito, non ricordo, di toulouse Lautrec.
Il disegno inimitabile del maestro figurava il respiro del cavallo, il suo sudore ed il tonfo degli zoccoli sul terreno, magistrale.
L'ho voluto ricordare, ho preso una tela piccola, son partito da ino schizzo veloce, ho risolto ttutto dipingendo. Lo scorcio è azzardato, il cavallo non risulta elegante, ad un certo punto l'ho interrotto, qualcosa non mi quagliava, anche senza riferirmi alla maestria di quell'artista.
L'ho finito qualche giorno fa, dopo settimane, e ne sono mediamente soddisfatto, voglio farne altri del genere, la semplicità del soggetto favorisce un lavoro d'istinto, anche se prolungato nel tempo.
La complessità di un lavoro come quell'altro che sto raccontando, invece, sbilancia e affatica.
Non per questo mi sento demotivato: bisognerebbe avere tempo e spazio per fare lavori semplici mentre si fanno quelli complicati, ma con poche ore disponibili è difficile.

23 Work in progress 7

Nel periodo delle feste ho avuto modo di lavorare più intensamente, guardando il lavoro e considerando i vari elementi, devo dire che mi son sentito so0ddisfatto solo della locomotiva e degli sbuffi. ho ripreso quindi il colore dell'erba e delle piante, e la loro disposizione. Non sento ancora la profondità del fondo, e lo spazio tra gli alberi. Cercherò di risolvere con velature, e vitalizzando il metallo sudato della locomotiva. Anche gli sbuffi vanno elaborati, facendo attenzione che non diventino di cemento, dovrò cercare di fare sbuffi definendo le masse con la divisione del colore, ma sarà un'altro quadro, più concentrato sul soggetto, qui troppi elementi disperdono l'attenzione. Se si fosse trattato di una commissione, avrei già dovuto concludere, ma probabilmente sarei partito da un cartone studiato e definitivo, variando poco nell'esecuzione. Ma qui ho voluto che fosse la pittura a prevalere, e forse avrebbe funzionato meglio su un'immagine più semplice. Comunque la Pittura è un viaggio continuo, ogni quadro ha una sua storia, ed a volte pare che vengano da sè cose che sono invece il risultato di percorsi, forse per la prossima seduta avrò trovat0 l'equilibrio soddisfacente, si tratterà forse di interventi leggeri , fatti con sguardo diverso.