domenica 27 giugno 2010

39 Riflessioni dopo la catastrofe

Pala per L'Aquila
Olio su tela cm.90x120
La bellissima terracotta rinascimentale, brutalizzata dal terremoto in modo rimediabile ma significativo sugli arti, attorniata dai vigili, richiama una pala d'altare, evocata anche dal titolo: "Pala per L'Aquila". Non conoscevo l'autore della statua, Saturnino Gatti, ed andandomene ad informare, scoprii che originariamente si trattava di una terracotta policroma, di cui il colore confondeva la delicatezza del modellato, che non esito a definire di gusto Botticelliano. Mi sarebbe piaciuto disegnarla dal vivo, rinverdendo i fasti dei miei anni a Brera, ma dovetti accontententarmi di una buona foto. L'idea di aggiungere il gruppo dei vigili mi venne per averli visti nella foto in questione, scattata sul campo, e comporlo come s'erano composti nei secoli gruppi d'angeli e santi fu naturale, come fu naturale usare per sfondo un abside semidiroccato, rifacentesi lontanissimamente alla Pala Montefeltro di Piero. Mentre lavoravo sulle macerie ai piedi della composizione, mi venne di pensare alla copertina di un disco di Frank Zappa, "We Where in It Only for the Money", dove, parodiando i Beatles di Sgt. Pepper, i Mothers of Invention posano su una discarica con notevole presenza di rifiuti alimentari, ed ho la sensazione che un qualche nesso ci sia, se pur molto remoto ed assolutamente involontario da parte mia, o meglio, dalla parte cosciente di me. Del resto, ho più volte sostenuto che una sorta di possessione guida il lavoro dell'Artista, in uno stato della mente che produce gli a solo di charlie Parker, come i versi di Cecco Angiolieri, e perdonate se oso intrufolarmi tra eccelse figure. Tornando al quadro, il pretesto per dipingere la bella Madonna, è un memento per la sciagura, ed un omaggio ai vigili del fuoco, per i quali nutro simpatia, sapendo che intervengono efficientemente e senza fanfare, come testimoniato dagli stessi superstiti dell'Aquila. Le mani troncate, che non possono nè pregare, nè benedire, denunciano l'inefficienza del Governo, che si sprecò, nella persona del Leader Maximo, in altisonanti promesse di ricostruzione, in buona parte disattese. Ma a breve periodo, Haiti fu colpita da un sisma più forte, che devastava ulteriormente un'isola già carica di umanità senza speranza. Il quadro non era finito, e fu ovvio dedicare il mio modesto segno, nella generalità delle sciagure, a quelli che portano soccorso dove serve, ponendo i Vigili del Fuoco come simbolo di quell'esercito disarmato che combatte contro la sofferenza. Mi rendo conto dei rischi che si corrono usando simbologie retoriche e toni celebrativi, ma penso che un quadro può fornire argomento di riflessione su eventi drammatici, che è giusto non dimenticare, come giusto è non dimenticare che è Pittura, quel che vado facendo. In questi ultimi giorni, oggi è il 3 di dicembre, stanno arrivando terrificanti notizie di una epidemia di colera nell'isola di Haiti, con resoconti di immagini infernali di una tragedia resa ancor più tragica da follie superstiziose, con presunti untori fatti letteralmente a pezzi, mentre adulti e bambini, soprattutto bambini, cadono decimati da un morbo schifoso che, dicono, potrebbe essere debellato semplicemente con acqua pulita, magari con un po' di cibo sano. Qualunque discorso rischia la banalità, e nessun dipinto d'immagine apocalittica potrebbe essere memento di questa e di tutte le altre disgrazie che straziano l'umanità, la parte più debole, mentre la parte ben pasciuta dovrebbe rinunciare a ben poco, per risolvere: mi risulta che ci siano impianti che dissalano l'acqua marina, installati negli Emirati del petrolio da industrie brianzole, si mandano uomini e mezzi, costosissimi mezzi, a far massacri per difenderci, dicono, da altri massacri, e solo sparuti gruppi di brave persone soccorrono quel che possono, quando una massiccia operazione, coordinata dagli abili strateghi che ogni nazione "civile" mette in campo, potrebbe, in poco tempo, e spendendo meno di quanto costa la più stupida delle guerre attualmente in corso, porre fine a questa guerra che l'umanità disperata continua a perdere, spesso senza poter combattere.

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