mercoledì 19 dicembre 2012

64 Nero

Fado
Olio su tela cm. 85x110
Per anni ho evitato di usare il nero nei quadri, seguendo un'idea di Pittura Tonale. I toni scuri mi piace comporli coi bruni, gli azzurri, i violetti, mischiati all'occorrenza con la tinta dominante.
Solo di recente ho usato piccole dosi di nero per rendere l'oscurità notturna, ed uno dei cavalli nel Vento di Fidia.
Recentemente, ho visto una cantante portoghese, di cui non ricordo il nome, che indossava un abito nero con qualche lustrino iridescente: perfetto per visualizzare la superba melancolia del Fado espressa dalla giovane cantante con un talento degno di Amalia Rodriguez, così ho realizzato questo lavoro, gocciolando colori vivaci sopra un disegno nero, lavorando di pennello per modellare.
Al di là di ogni possibile giudizio, critico o di gusto, sul risultato finale, resta la considerazione del fatto che in Arte non ci sono preclusioni ma solo ricerca.
Dandosi delle regole, si forniscono i presupposti per eluderle, il rigore è nel procedere in modo che serva all'opera: avrei potuto ottenere lo stesso effetto col mio solito sistema, ma ho preferito introdurre un elemento insolito, cercando l'equilibrio che cerco su altri registri. 

domenica 25 novembre 2012

63 Soluzione forzata

Il vento di Fidia
Olio su tela 8ox100
Ero partito con l'intenzione di completare la serie delle stagioni con cavalli, dipingendo un quadro autunnale.
Rappresentare la caduta delle foglie introduceva un elemento di movimento, e siccome mi pareva opportuno muovere anche i cavalli, arrivai alla conclusione del galoppo nel bosco.
Erano i giorni della disgrazia della Grecia, quando l'Unione Europea addossava alla piccola nazione la responsabilità del baratro finanziario, ed il governo greco non trovava di meglio che ossequiare la spocchia dei nordici opulenti, portando alla fame un popolo già variamente provato nella sua storia da tragici eventi, fra cui, da non dimenticare,  l'invasione delle truppe fasciste, delle due nazioni europee che il fascismo avevano creato e diffuso.
Ho passato vari mesi ad Atene, al tempo dei figli dei fiori e dei colonnelli, e, pur con qualche screzio, che  del resto non sarebbe mancato neanche in patria o altrove, conservo un bel ricordo dell'accoglienza amichevole, talvolta fraterna, della gente di quelle parti. Avevo pure lavorato nella bottega di un artista di nome Manos, parte di una modesta itellighenzia liberal che sfidava a suo modo il regime, avevo dipinto un murale nella locanda di Barbastavros, un soffitto in un locale di Kolonakis, avevo suonato la batteria con un gruppo locale...
M'è parso giusto, quindi, ricordare gli amici rendendo omaggio a Fidia, ispirandomi alla sua cavalcata che bisogna andarsela a vedere a Londra.
Per essere Grecia, doveva esserci il mare, ma non volevo che si vedesse la linea d'orizzonte, ed un accenno di pineta avrebbe ulteriormente evocato un paesaggio Mediterraneo.
Inoltre, i cavalli dovevano somigliare a quelli di Fidia, interpretati in modo molto diverso e con diversi rapporti proporzionali di come sono abituato a fare, e tutto l'insieme mi richiamava i cavalli sulla spiaggia di De Chirico, che fra l'altro in Grecia ci è nato.
Il mare doveva figurare come sfondo, rappresentato solo dal luccichio delle onde, come quando lo si vede dall'alto e da lontano, senza elementi spettacolari nè barche ad aiutarne l'individuazione, i cavalli dovevano sfrenarsi in un turbinio di foglie cadenti, sollevadone altre col galoppo. Il disegno m'era parso accurato, e credevo d'aver trovato la giusta cifra per i cavalli, ma non mi ci volle molto a vedere che non riempivano bene l'inquadratura, e l'ambientazione nel bosco col mare di sfondo non aveva comunque spazio per svilupparsi. Corressi un'infinità di volte, fotografando ogni fase, ma ad un certo punto abbandonai. Un virus, fra l'altro, mi distrusse le foto, e pensavo di imbiancare la tela, per riprendere poi il soggetto su una tela più grande.
Fu dopo varie settimane che, togliendo il fogliaccio che avevo messo per nascondere, mi venne fatto di pensare al lavoro così come lo si vede adesso, una specie di rovina colorata.
Non sono completamente soddisfatto, i colori li trovo stanchi, l'impianto generale è debole, si leggono male le foglie che ho voluto elaborare col dripping, il mare sembra un cielo mal riuscito.
Insomma, il quadro è da rifare, ma questa involontaria rilettura di un modo futurista mi stimola: insistere su un disegno canonico, facendolo però a pezzi in funzione dinamica e mantenendo coerenza di maniera. Un lungo discorso, che merita di esser proseguito.

martedì 9 ottobre 2012

62 Inseguendo una memoria

Senza Titolo  incisione a punta secca stampata in proprio cm.10x15                 

                                                                                                                                                                                                                                   

Il dono del vento Olio su tela cm.65x90

Non ricordo quanti anni fa, fui colpito dalla assoluta bellezza di una piccola testa femminile magistralmente scolpita in ebano da un ignoto scultore di non so quale paese africano. Straordinario come il Maestro avesse reso la tipica morbidezza della chioma con semplici righe incise in un incrocio regolare di normali e diagonali: la luce sminuzzata sul nero lucido dava nel legno durissimo la soffice consistenza della capigliatura Afro, confrontandosi magnificamente con la levigatezzza dell'epidermide. Avendo di recente comprato un piccolo torchio, ho ripreso l'incisione a punta secca, che in passato avevo più volte saggiato e lasciato cadere per i problemi della stampa, ho voluto cimentarmi sullo zinco in quell'effetto ottenuto incidendo l'ebano. Non ho neanche sfiorato il risultato dello sconosciuto collega Africano, ma la figuretta m'è parsa comunque gradevole e non priva di una certa eleganza, così ho pensato di svilupparla in un quadro. Non volendo limitarmi alla figura sulla spiaggia, ho eliminato la linea d'orizzonte cercando la profondità di campo nell'ammassarsi dei colori verso il fondo; ho evitato facili effetti di fuga (palizzate, vegetazione) nel lembo di bagnasciuga, ho anche cercato di dare il senso di distanza con le onde, dettagliando quelle in primo piano per dissolvere in un diffuso brillio verso il fondo. Ho trascurato il dettaglio della capigliatura per non smarrirmi in una ricerca minimalista, evitando anche di decorare il tessuto per concentrarmi sull'effetto del vento. E' rimasto il movimento delle mani, e lo sguardo non privo di malizia, ma l'episodio del corpo scoperto di sorpresa induce ad un vago confronto con la Venere di Botticelli, che nasce dal mare, col vento che la spettina e gonfia il mantello di seta che le vien porto...non s tratta di un riferimento intenzionale, è una considerazione a lavoro quasi completo, l'associazione dell'acqua alla bellezza femminile credo sia fisiologica per qualche percorso mentale, oltre che un comodo pretesto per mostrare nudità; volendo poi riferirsi a qualcuno, è ovvio scegliere gli Autori più importanti.


lunedì 11 giugno 2012

61 0mbre d'estate

Summertime
Olio su tela cm. 80x100
Continuando la serie stagionale coi cavalli, sono arrivato all'estate. Summertime. Ovvio il riferimento a Gershwln, la madre e il piccolo, la vita è facile, le aspettative serene. Ombra e fresche acque mitigano il clima rovente, è un momento felice.
La maculazione degli Appaloosa frantuma ulteriormente il colore diviso, gioca con la luce, fa festa.

domenica 13 maggio 2012

60 Il respiro delle foglie


Considero l'action-painting un procedimento da esplorare, per gli stimoli che può generare la sua primitiva semplicità.
Dirigendo la mia ricerca nella rappresentazione di concetti sia astratti che materiali attraverso una Pittura condotta con criteri canonici, ed avendo scelto di dare ai miei lavori caratteristiche di immagini riscontrabili, è inevitabile abbinare all'operazione di dripping o di spruzzo un'elaborazione con modi più tradizionali. Essendo partito dalla casualità delle macchie gocciolate sulla tela, le foglie ed i rami si sono disposte in un'armonia naturale, seguendo un vento ideale, nell'intento di figurare l'aria tra di essi, un fruscìo di leggera brezza.
I colori autunnali hanno favorito la figurazione di una luce densa, contrappuntata ad ombre cariche.
Non escludo che il lavorare su toni pieni possa condurmi ad un uso del nero in qualche lavoro futuro. 

mercoledì 7 marzo 2012

59 Partendo dall'oscurità





Partendo dal buio, i cambiamenti di luce del giorno riconducono ad esso, in una sorta di genesi costante.
E' stato un lavoro ben più lungo di quanto pensassi, che ha richiesto molti cambiamenti sul progetto iniziale. Avevo immaginato di lavorare su una medesima inquadratura, ma la laboriosità di ridisegnare per quattro volte la geometria delle rotaie senza lucidare o spolverare, il tedio delle operazioni ripetitive e la mia pigrizia m'hanno portato ad immaginare lo stesso parco ferroviario inquadrato da punti di vista differenti, come se nei diversi momenti si guardasse da bordo di un convoglio diverso, aggiungento un'ulteriore dinamica, secondo una mia personale prosecuzione della ricerca futurista, condotta in un ritmo dilatato e scevra di certe connotazioni vivaci che tanto piacquero ad ideologi violenti.
L'espediente per lavorare meno si rivelò una trappola, perchè molto tempo ed infiniti rifacimenti furono necessari per realizzare quattro inquadrature diverse ma riconoscibili della stessa area, e non sono sicuro di aver raggiunto lo scopo.

domenica 29 gennaio 2012

58 Branco a primavera

Un olio su tela preparata a gesso, in casa, 70x100cm. Credo d'aver già detto che la Pittura è comunque astratta, per cui il punto topico del quadro non è necessariamente il soggetto del titolo. Avevo cominciato lavorando sulla vigorosa eleganza dei quadrupedi, poi ho pensato di ambientarli. Il prato è una scelta ovvia, dopodichè si comincia a pensare come questo prato si deve configurare e che parte deve avere nel dipinto. Il verde dell'erba è uno dei miei grandi problemi, invidio certi luminosi prati monocromatici, quelli che dipingo io sembrano sempre qualcos'altro, così che ho pensato che il colore di qualche fiore avrebbe frammentato la massa di verde, e lo studio minimale degli steli e delle ombre avrebbe fornito spunti per modulare. Ho lavorato pensando al prato della Primavera di Botticelli ed a certe matericità di Morlotti, ho ripassato mentalmente tutti gli effetti della luce sulle vegetazioni, tutta la Pittura che ha trattato i fiori, ed ho steso tratti di giallo, d'azzurro, petali color pastello, ombre viola, sprazzi di rosso disposti strategicamente, ed ho velato di pallidissimo verde, di terra debole, riprendendo poi gialli e verdi a impasto più forte, fermandomi solo quando m'è parso che la striscia di prato si integrasse coerentemente con le altre cose dipinte, diventando parte fondamentale del quadro. Il soggetto non è il branco, non è un singolo cavallo, cielo e terra non sono meri apparati di sfondo, il soggetto non è neanche la primavera, bensì la sensazione della primavera, qualcosa di diffuso in tutto quello che è rappresentato, ed in questo senso la fioritura conta quanto l'annusare attento, lo scalpitìo sospeso della mandria, la leggerezza delle nuvole, la limpidezza della luce. In questo consiste l'astrazione, quella che Artisti con diverso percorso evocano senza figurare immagini riconducibili a qualcosa che siamo abituati a vedere. Come per l'Inverno, ho tenuto un punto di vista basso, per straniare la prospettiva più abituale, cercando di rendere lo spazio con altri espedienti. Tutta una Pittura vedutistica, europea e successivamente migrata negli spazi dei Nuovi Continenti, è ricca di panoramiche d'ampio respiro, mi viene in mente una favolosa veduta di Roma da un'architettura sopraelevata ad opera di Turner, con quella curvatura che il Maestro utilizza prima che la fotografia inventi grandangoli e occhi di pesce, e di quelle magiche atmosfere ho voluto tener conto, conservando però l'inquadratura stretta del Caravaggio nella Conversione di San Paolo, sembrandomi la visione ravvicinata dei soggetti più funzionale alla rappresentazione dell'umore degli stessi: un branco di cavalli liberi in un grande spazio non ne avrebbe evocato il respiro, l'afrore, la vibrazione dei muscoli. Ma i cavalli sono comunque liberi in un grande spazio, e questo è ciò che il dipinto deve evocare, uscendo dai limiti del quadro. E per questo mi sono servito dei toni di colore, della plasticità dei chiaroscuri, e del minimalismo dei fiori che si perdono in una prateria.

giovedì 5 gennaio 2012

57 L'amore ripreso
















Il cavallo è probabilmente la prima cosa riconoscibile che io abbia imparato a fare, disegnando con un mozzicone della matita da falegname sulle tavole piallate, nella bottega paterna, al paesello. Mio padre m'aveva fatto, qualche volta, delle sagome di carta, strappando i margini a trattini, e qualche volta mi aveva disegnato una figura equina molto stilizzata su qualche scarto di compensato, ed io avevo cominciato a tracciare a mia volta quella primitiva immagine di quadrupede. Ginosa, sulle Murge, è terra di cavalli, con l'asino di Martinafranca si incrociano infaticabili bardotti, ed il traino a due ruote era il mezzo più diffuso nel paese, sicchè gli equini erano costantemente presenti nel mio immaginario infantile. Emigrando a Milano, venni a conoscenza dei pesanti cavalli da tiro, che andavano comunque scomparendo, e dell'esistenza, in un qualche posto inaccesibile, dei favolosi purosangue da corsa. Disegnando moltissimo tutto quello che stimolava la mia fantasia, andavo riempiendo di cavalli ogni foglio pulito che mi capitasse a tiro, dagli imballi recuperati ai fogli di quaderno o, naturalmente, ai fogli da disegno, per la verità piuttosto rari ai tempi, per mancanza sia di soldi che di attenzione per le esigenze espressive dei ragazzini. Accostandomi, col passar degli anni, ad una concezione più, diremo, professionale del disegno, mi lasciai convincere ad applicarmi a soggetti più "seri" secondo non so chi, trascurando vieppiù il cavallo, se non per frequentazioni sporadiche. Mi sembra giusto, quindi, riprenderre ora quel soggetto così stimolante e completo per eleganza ed armonia della struttura muscolare, ponendolo come soggetto prevalente, anche se l'argomento del quadro c'entra poco o niente con quanto rappresentato. Nei tre lavori riprodotti in alto, lavori di almeno dieci anni or sono, il cavallo è parte della storia, sia quello bianco, evocativo, di Emiliano Zapata, sia la montura di Godiva, sia quella sullo sfondo del cavalleresco Giorgio, disarcionato da una moto. Nell'ultimo lavoro, invece, sono i due cavalli che rappresentano l'argomento dichiarato dal titolo: Inverno (olio su tela cm. 60x80). Chi minimamente sa  di cavalli, non può non associare l'aspetto di questi due ad una razza nordica, di paesi il cui pensiero evoca immediatamente il freddo, segnalato anche dall'abbondante condensa del fiato, come io ricordo, nello stupore di bambino meridionale, dalle narici degli esemplari che ancora trainavano carichi nella foschia degli inverni Milanesi, sul finire dei post-bellici anni 50, quando la periferia conservava ancora qualche fianco di casa dove si leggevano le stanze distrutte dalle attenzioni dei Liberator: la traccia di un lavandino, di uno sciacquone, un profilo di gradini, un corridoio giallino, una stanza azzurra, e forse qualche famiglia giù da basso, nel sotterraneo segnalato "UeSse", a tremare imprecando, qualcuno felicitandosi di star scampando a quel finimondo, che dovrà pur finire.
Oggi invece i giganteschi equini passeggiano in un'algida giornata, facendo risuonare coi grandi zoccoli ferrati il terreno ghiacciato, con la brina che il sole non riesce a sciogliere. Anche qui ho ricercato la profondità di campo senza calcolo di fughe, ed un punto di vista ribassato esalta l'imponenza dei due quadrupedi. Una ricerca laboriosa è stata quella di una luminosità glaciale, nel contrasto del cielo con la massa calda di pelo e muscoli: ho steso un letto di azzurro cobalto e manganese, a tratti di pennello, intercalando con impasto di bianco ed azzurro ceruleo, qualche pallido accenno di giallo, velando poi con spinello di cobalto, che vira al verde, e rilavorando ancora con giallo di cadmio sul bianco titanio ed altro azzurro di Manganese, e non mi si venga a dire che si poteva risolvere con un bell'impasto di azzurro sfumato nei punti strategici, perchè so di eccellenti fotografi che scattano immagini suggestive, e di illustratori dotati che realizzano magiche atmosfere con procedimenti rapidi, ma qui è di Pittura, che si vuol parlare.