domenica 3 aprile 2011

47 Processo cromatico







Mentre lavoravo sul disegno, mi tornava alla memoria il ricordo di un mattino di domenica, all'auditorium dell'Angelicum, a Milano. Si poteva assistere alla prova generale del concerto del Lunedì, e quella volta eseguivano Vivaldi, prima un'orchestra, poi le trascrizioni per organo di Bach. Senza la mise di scena, i musicisti appaiono meno inavvicinabili, ed io, ragazzino quindicenne, mi innamorai della prima viola, che non somigliava per niente a quella qui ritratta, ma l'incontro della sobria eleganza dello strumento con l'avvenenza della musicista, mi ha riportato il sapore di quella sensazione consacrata dalle note del Genio Veneziano, alla cui spumeggiante ispirazione rendeva omaggio nientemeno che il Maestro Assoluto. Parlando di pittura, successive stratificazioni del pastello tratteggiato portano al cromatismo finale: la prima immagine in alto mostra un abbozzo iniziale a tinte chiare, la campitura a tratteggio permette ai colori di mischiarsi senza impastarsi, in modo da poter accogliere ancora altre tinte, elaborando sfumature per modellare l'incarnato della figura come la consistenza lignea dello strumento, avendo definito le ombre con un neutro di bruno e verde, in sostituzione della terra d'ombra e terra verde che uso dipingendo. L'incarnato è lavorato con giallo Napoli chiaro, un rosa "flesh" che potrebbe funzionare da solo in un lavoro cartellonistico, un'altro rosa più da petalo, bianco per dove batte la luce, un verde spento ed un'ocra scuro per le ombre. L'abbozzo completato è stato quindi raschiato con lametta, ottenendo un rapporto tonale più armonico, su cui si lavora ancora stendendo colori e raschiando con lametta e sgarzino, fino all'immagine successiva, sulla quale sono visibili anche piccole correzioni del disegno.
Per esempio, se l'incarnato è troppo rosato, tratteggio con lo sgarzino per scoprire il bianco del fondo, stendendo poi, se necessario, un giallo di Napoli o altra tinta pallida, integrando magari il tutto con un velo di bianco; posso aver risparmiato il rosa sulle guance, o dove può servire, rinforzatolo, e così via. Questo procedimento, più laborioso da raccontare che da attuare, permette il bilanciamento di toni e tinte, lavorando per gradi su tutta l'immagine. Il bianco dell'oil-bar è stato utile per le alteluci, lasciando un segno carico, su cui il pastello fatica ad aderire. Ho intenzione di provare oil-bar di altre tinte, e magari pastelli secchi, cercando con questo mix di correggere una certa sordità del pastello ad olio.






domenica 27 marzo 2011

46 L'ombra sull'acqua

Volo
Olio su tela cm.65x75
La luce, il movimento, lo scorrere del tempo. L'ombra del gabbiano, che vola fuori dal nostro campo visivo, dilata lo spazio oltre il limite del quadro. Un lavoro della serie sul mare, cercando di rappresentare l'attimo di una visione, con un pensiero alle ninfee di Monet, alla ricerca dei Futuristi, all'eleganza rappresentativa dei Maestri Giapponesi, e ad altre cose, filtrate dalla divisione del colore per dinamicizzare l'ovvia dominante d'azzurro. Dipingendo, vado riconsiderando discorsi ritenuti esauriti, nell'intento di congiungermi con una linea di continuità che passa attraverso i secoli della storia umana, avvalendosi dei mezzi semplici e materialmente limitati che la Pittura mette a disposizione. L'ombra, s'è detto, è quella di un gabbiano, ma penso di potermi permettere un ripensamento. Vagando su flickr, ho incontrato un delicato artista giapponese che aveva aperto un gruppo in memoria dei terribili eventi degli ultimi tempi, evocando nel nome l'aspetto sacro ed augurale della gru, che i giapponesi imparano a creare nei loro origami fin da bambini. L'ombra di un volo su un mare calmo mi è parsa appropriata per un'invocazione di pace e serenità, ed un sentito omaggio alla dignitosa calma, oramai proverbiale, dei giapponesi di fronte a devastanti sciagure. Ho inviato quindi l'immagine del quadro, ripromettendomi di scrivere a questo collega per spiegargliene la storia, non credo che mi biasimerà per aver falsificato il messaggio.

lunedì 14 febbraio 2011

45 Ancora il corpo femminile

On the Pond
Pastello ad olio su carta Shoeller cm.35x50

Bagnasciuga
Pastello ad olio su carta Fabriano semiruvida g.100
cm.50x70
Entrambe le modelle sono prese da fotografie. Della prima, alla quale ho tolto degli insulsi sandaletti con tacco a spillo, ambientandola in uno stagno, mi aveva colpito l'eleganza plastica, favorita dalla snellezza del corpo, scolpito dalla luce spietata dell'ambiente in cui la Vanessa Beecroft stava organizzando una delle sue adunate. La modella è in un momento d'attesa, e le membra sono rilassate, dando una sensazione di meditazione contemplativa, che ben si associa alla quiete dello stagno.Della seconda m'era piaciuta la gioia del corpo colto in corsa. Trattandosi di una reclam di intimo, ho cancellato l'indumento (peraltro esiguo), e le solite ciabatte con tacco dodici,cercando di dare al viso un'allegria meno professionale; ho anche modificato la postura del suo braccio destro, che copriva il seno, aggiungendo il telo colorato per dare un senso alla posa, che rischiava di sembrare una mossa da spogliarello, mentre io volevo che, se malizia ci fosse, fosse quella della sua giovanile spensieratezza, riconducibile al tema della Susanna. L'uso del pastello ad olio, al quale mi trovo costretto per via dell'esiguo spazio del cesso (non è metaforico, è proprio una ritirata) in cui trascorro parte della giornata di lavoro da portiere, mi consente una quantità di ripensamenti e correzioni, per intonare le tinte, e perfezionare il disegno, lavorando a strati successivi, grattati, incisi, sfregati. A volte la sensazione è di lavorare in modo "plastico", spesso mi sembra di procedere ad un'incisione tenera. Il fatto che i cololri tendano sempre ad impastarsi fra di loro, se da un lato è un limite, perchè ostacola l'accostamento divisionistico di tinte pulite, dall'altro porta a scoprire inedite sfumature ed effetti che stimolano lo studio, per poterli controllare. Le tinte dei pastelli ad olio non sono tuttavia così brillanti e duttili come i colori che mi preparo unendo i migliori pigmenti ad un legante composto di elementi puri e semplici quali olio di lino, lacrime di mastice ed essenza di trementina, gli accostamenti non sempre sono efficaci, e questo fornisce ulteriore stimolo allo studio: gli esami, dice Eduardo, non finiscono mai.






lunedì 27 dicembre 2010

44 Il corpo e la luce

Susanna e i pesci rossi
Olio su tela cm.60x80


Posa
Olio su tela cm.70x100


Rosso!
Olio su tela cm.60x90



monocromatico di preparazione sulla tela



Il sole ala finestra
Olio su tela 55x115
Probabilmente, non avrei dipinto quest' ultimo nudo, se non mi fosse stato chiesto. Il nudo disteso troppo spesso ha prodotto quadri insulsi, per cui preferisco la figura colta in una sua azione, mi sembra di dar più senso alla pittura studiando di rendere una gestualità, un'espressione colta in un momento intimo, come la signora che si specchia mentre cinge un drappo, o l'artista che si disegna nella discrezione del suo studio, o la fanciulla che nutre i pesci rossi di un laghetto nell'ombra di un qualche parco...la figura di donna distesa ha ovvie implicazioni, favorite qui dal formato oblungo del quadro, 55x115,che fa pensare ad una testiera di letto. Non che io abbia niente contro l'erotismo, mi piacerebbe anzi poter produrre opere decisamente erotiche, anche in azione, e sicuramente saprei come ambientarle. Se riuscissi a vivere con la vendita dei quadri, avrei una produzione del genere, citando magari le pregevoli hopere dell'Hukio-e, ma allo stato attuale non mi sembra il caso di fare lavori che sarebbe problematico esporre. Per questo lavoro mi son trovato a dover inventare una scenografia in una spazio inadeguato, il formato oblungo lasciando poco spazio per elementi di ambientazione, così me la sono giocata con degli effetti di luce e qualche drappeggio, elementi presenti anche negli altri tre pezzi qui riprodotti. Considerando questi miei lavori sulla figura femminile, ho la sensazione d'un trattamento della figura, troppo genericamente scolastico, risentendo della mia carenza di studio dal vivo: lavorando per mezzo di fotografie e tavole anatomiche, resto coinvolto nell'aspetto di "studio", che provoca un blocco interpretativo, dandomi un risultato più lontano da quello che vorrei di quanto non lo sia in miei quadri d'altro genere. Del resto, mettendosi a dipingere seriamente verso la cinquantina, non si può che sentire la mancanza di tutto un percorso precedente, ma rimpiangere il tempo perduto serve solo a fiaccar lo spirito; si può invece cercare con disperata ostinazione di evocare quel che non è stato, illudendo il passar del tempo, e, concentrandosi, si riesce a prodursi una situazione felice. Renderne partecipi altre persone è lo scopo per cui un Artista esibisce la sua Arte.

sabato 11 dicembre 2010

43 Il mare

Prima luce
Tempera su tela cm.25x40





Dal mare
Olio su tela cm.50x60










Fine dell'orizzonte
Olio su tela cm.30x50




Una cert'ora
Olio su tela cm.30x50




Piccolo battello verso sera
Olio su tela cm.40x50




Luce sul mare
Olio su tela  cm.50x70




































































Il mare l'ho frequentato troppo poco, forse per questo ne sono affascinato. Dipingere il mare, cercando di renderne il luccicante movimento e la musica perpetua, con bordone, ritmo ipnotico e melodia sottile, è laborioso, ma mi dà la sensazione di esser lì, ed il movimento scintillante delle onde favorisce la meditazione, come credo succeda a chi traccia un Mandala, o un Arabesco. Dipingere onde che si infrangono sugli scogli, può giovarsi dell'intrinseca spettacolarità del fragoroso effetto per mascherare delle insufficienze rappresentative. Escludendo Turner e pochi altri, il mare mosso avvalla la scena a buon mercato. A me interessa entrare nel concetto dell'immagine, e la calma distesa delle onde mi suscita più profondità e mistero di una ridda di schizzi e cavalloni, magari con tanto di veliero più o meno incagliato. La tecnica d'ispirazione divisionista, che oramai utilizzo costantemente da una dozzina d'anni, rende il procedimento più lungo, perchè il tono che si potrebbe cercare mischiando sulla tavolozza, deve essere ottenuto con la giustapposizione di pennellate di vario colore, che a volte richiedono tediosi tempi d'essiccazione, per evitare che i colori si sporchino tra di loro.
Il secondo dall'alto (olio su tela 50x60) è dei miei inizi con la divisione, circa 1998, timidamente giocato su una dominante d'azzurro, e neanche del migliore: prendevo i pigmenti dove capitava, la scarsità di denaro non favoriva le possibilità selettive, e, in tutta onestà, questo dipinto, intitolato "Dal Mare", non mi ha mai convinto troppo, sebbene sia piaciuto a più persone, fra cui il Maestro Olivieri, il cui parere tengo sempre in gran conto, Sta di fatto che nessuno ha mai manifestato desiderio d'acquistarlo, così lo tengo come testimonianza del periodo, di poco successivo alla ripresa del colore ad olio. Più significativi i due successivi 30x50, dipinti in momenti diversi ma con mood similare, tanto che li propongo in coppia, sempre senza successo. Quello sopra si intitola "Fine dell'orizzonte", ed è stato dipinto dopo l'altro, che s intitola "Una cert'ora", volendo rappresentare la luce diffusa che sfuma le ombre prima dell'alba, intento già presente nel primo lavoro in alto, una tempera del'94. Sebbene indubbiamente figurativi, possono essere considerati come quadri astratti, fermo restando che non dò nessun peso alle differenze di genere; mi piace però che si consideri l'effetto cromatico che ho usato nell'intento di dare luce e spazio, spazio che sia avvertito come sensazione, piuttosto che costruito con espedienti prospettici. Del resto, è mia convinzione che la prospettiva geometrica, con fughe punti ed orizzonte, non sempre ci faccia sentire lo spazio di cui, con pretese scientifiche, dà una rappresentazione, anzi, capita che architetture rappresentate applicando le norme canoniche, risultino bloccate, specie quando si tratta di prospettiva centrale, acquistando anche un aspetto metafisico. Penso allo studiolo, se non sbaglio, di San Gerolamo, dipinto con impareggiabile maestria ed accurata applicazione delle regole prospettiche, da quel Paolo Uccello che ne fu tra i massimi ricercatori, e lo spazio interno, così efficacemente rappresentato, mi appare accessorio alla rappresentazione dei molteplici oggetti ed animali raffiguranti la cosmogonia del santo in questione. Se penso invece ad un paesaggio di Hokusai, prima ancora che le piante, le rocce, le nuvole e gli uccelli illustrati, o le onde, mi vien da considerare l'aerea sensazione di spazio. Chiaro che il confronto nulla toglie alla grandezza di entrambi i Maestri, e la mia prosa inadeguata serve solo a dare idea di una ricerca sulla profondità di campo nella mia modesta dimensione, espressa nel titolo del quadretto dipinto per secondo: spiaggia, faro e barca danno misura delle distanze fra loro senza essere posizionate su direttrici congiunte all'orizzonte, che è fuori quadro, così come negli altri due lavori riportati. Il "piccolo battello verso sera" esclude l'orizzonte con una veduta a volo, e qui inizia una mia ricerca sulle ombre proiettate sull'acqua, che sto portando avanti con lavori più consistenti. Quello posto in fondo, è un lavoro di tre anni fa, un paesaggio totalmente inventato, di cm. 50x70, "luce sul mare" o "Il canto delle onde", di cui penso di potermi ritenere soddisfatto, mentre l'altro è un piccolo lavoro di ricerca, seguendo dei ricordi. Nella ricerca sono presenti anche luce e movimento, su un lavoro più grande mi piacerebbe considerare anche trasparenze e riflessi, tutti elementi fluidi, cercare attraverso la figurazione di arrivare ad una rappresentazione dove gli elementi siano riconoscibili al di là delle figure. Credo in questo modo di proseguire sulla strada iniziata dai futuristi, dispersasi nel delirio ultramodernistico e belligerante che ora, penso, rischierebbe il ridicolo troppo più di quanto lo rischiasse allora. Nè i futuristi erano scollegati da tutte le ricerche perseguite da secoli, da quando i cavernicoli evocavano sulla roccia la preda che colpivano nei loro riti propiziatori: è l' "eterno nella Pittura" rivendicato da Vincent Van Gogh.

domenica 12 settembre 2010

42 Meet Me at the River

Meet Me at the River
Olio su telea cm. 65x95
Finito nella prima metà di settembre, ma ridipinto su un quadro di anni fa, che non conviceva nè chi lo guardava, nè me.
L'intenzione originaria era di rappresentare una bella signora africana in un suo momento di giocoso relax, seguendo immagini che mi suscitava Miriam Makeba, quando danzando cantava, e raccontava le sue canzoni, di una delle quali ho usato il titolo. La figura domina il quadro, ma il taglio stretto non deve annientare l'ambientazione con sole, acqua e vento, che giocano sul grande telo, che avrei voluto con colori più carichi, presenza di nero nero, un disegno vivace e chiassoso, ma mi son trovato a mediare, per non soffocare lo scuro dell'incarnato. Non dico che non sarebbe stato possibile, dico che io non ci sono riuscito.
Anche la figura avrebbe dovuto essere più in carne, ma se non fai Rembrandt o Botero, è difficile far accettare figure sovrappeso. Difficile, non impossibile, ed io non sono perfetto, per di più non posso permettermi modelle in posa neanche per qualche fotografia, e raramente le foto, pur se molto ben fatte, del commercio, hanno la posa che mi serve, per cui l'immagine è "ricostruita" su ricordi di scuola, con l'aiuto di tavole anatomiche, fotografie, opere e soprattutto disegni di tutti quegli artisti che hanno magistralmente trattato la figura umana, con particolare attenzione a quella femminile.
In conclusione, credo di aver prodotto un lavoro valido, criticabile come tutti i lavori: i colori si armonizzano, la divisione e la direzione della pennellata evoca la danzante musicalità che cercavo, insomma penso che qualcuno potrà aver piacere di appendersi questo quadro al muro, anche senza la spiega mia o, il cielo volesse, di qualche critico.

lunedì 9 agosto 2010

41Il gattino rosso di Susanna

Il gattino rosso di Susanna
Pastello a olio su carta cm.50x70
Non ho dipinto gran che, ultimamente, due ore al giorno più sei-otto al sabato sono poche e la concentrazione ne risente. In compenso, riesco a ritagliarmi del tempo per lavorare col pastello ad olio, che, oltre a dare un buon surrogato della Pittura, si può sviluppare come forma autonoma, potendo lavorare più velocemente, senza le noiose attese per l'asciugatura.
Credo anche che prenderò delle barre ad olio, che sono più materiche, per ora ne sto usando una bianca che si rivela molto utile. In questo lavoro, per esempio, il denso strato di bianco mi ha agevolato il lavoro sul panneggio ed in parte sull'incarnato, inoltre la densa materia lasciata dall'oil bar è molto coprente e funziona magnificamente per brilli ed alteluci.
Ho operato su un cartone Fabriano liscio per disegno scolastico di cm. 50x70, copiando da a una foto pubblicitaria su una rivista femminile, vivacizzata con l'aggiunta del micio e la modifica dello sguardo.