lunedì 27 dicembre 2010

44 Il corpo e la luce

Susanna e i pesci rossi
Olio su tela cm.60x80


Posa
Olio su tela cm.70x100


Rosso!
Olio su tela cm.60x90



monocromatico di preparazione sulla tela



Il sole ala finestra
Olio su tela 55x115
Probabilmente, non avrei dipinto quest' ultimo nudo, se non mi fosse stato chiesto. Il nudo disteso troppo spesso ha prodotto quadri insulsi, per cui preferisco la figura colta in una sua azione, mi sembra di dar più senso alla pittura studiando di rendere una gestualità, un'espressione colta in un momento intimo, come la signora che si specchia mentre cinge un drappo, o l'artista che si disegna nella discrezione del suo studio, o la fanciulla che nutre i pesci rossi di un laghetto nell'ombra di un qualche parco...la figura di donna distesa ha ovvie implicazioni, favorite qui dal formato oblungo del quadro, 55x115,che fa pensare ad una testiera di letto. Non che io abbia niente contro l'erotismo, mi piacerebbe anzi poter produrre opere decisamente erotiche, anche in azione, e sicuramente saprei come ambientarle. Se riuscissi a vivere con la vendita dei quadri, avrei una produzione del genere, citando magari le pregevoli hopere dell'Hukio-e, ma allo stato attuale non mi sembra il caso di fare lavori che sarebbe problematico esporre. Per questo lavoro mi son trovato a dover inventare una scenografia in una spazio inadeguato, il formato oblungo lasciando poco spazio per elementi di ambientazione, così me la sono giocata con degli effetti di luce e qualche drappeggio, elementi presenti anche negli altri tre pezzi qui riprodotti. Considerando questi miei lavori sulla figura femminile, ho la sensazione d'un trattamento della figura, troppo genericamente scolastico, risentendo della mia carenza di studio dal vivo: lavorando per mezzo di fotografie e tavole anatomiche, resto coinvolto nell'aspetto di "studio", che provoca un blocco interpretativo, dandomi un risultato più lontano da quello che vorrei di quanto non lo sia in miei quadri d'altro genere. Del resto, mettendosi a dipingere seriamente verso la cinquantina, non si può che sentire la mancanza di tutto un percorso precedente, ma rimpiangere il tempo perduto serve solo a fiaccar lo spirito; si può invece cercare con disperata ostinazione di evocare quel che non è stato, illudendo il passar del tempo, e, concentrandosi, si riesce a prodursi una situazione felice. Renderne partecipi altre persone è lo scopo per cui un Artista esibisce la sua Arte.

sabato 11 dicembre 2010

43 Il mare

Prima luce
Tempera su tela cm.25x40





Dal mare
Olio su tela cm.50x60










Fine dell'orizzonte
Olio su tela cm.30x50




Una cert'ora
Olio su tela cm.30x50




Piccolo battello verso sera
Olio su tela cm.40x50




Luce sul mare
Olio su tela  cm.50x70




































































Il mare l'ho frequentato troppo poco, forse per questo ne sono affascinato. Dipingere il mare, cercando di renderne il luccicante movimento e la musica perpetua, con bordone, ritmo ipnotico e melodia sottile, è laborioso, ma mi dà la sensazione di esser lì, ed il movimento scintillante delle onde favorisce la meditazione, come credo succeda a chi traccia un Mandala, o un Arabesco. Dipingere onde che si infrangono sugli scogli, può giovarsi dell'intrinseca spettacolarità del fragoroso effetto per mascherare delle insufficienze rappresentative. Escludendo Turner e pochi altri, il mare mosso avvalla la scena a buon mercato. A me interessa entrare nel concetto dell'immagine, e la calma distesa delle onde mi suscita più profondità e mistero di una ridda di schizzi e cavalloni, magari con tanto di veliero più o meno incagliato. La tecnica d'ispirazione divisionista, che oramai utilizzo costantemente da una dozzina d'anni, rende il procedimento più lungo, perchè il tono che si potrebbe cercare mischiando sulla tavolozza, deve essere ottenuto con la giustapposizione di pennellate di vario colore, che a volte richiedono tediosi tempi d'essiccazione, per evitare che i colori si sporchino tra di loro.
Il secondo dall'alto (olio su tela 50x60) è dei miei inizi con la divisione, circa 1998, timidamente giocato su una dominante d'azzurro, e neanche del migliore: prendevo i pigmenti dove capitava, la scarsità di denaro non favoriva le possibilità selettive, e, in tutta onestà, questo dipinto, intitolato "Dal Mare", non mi ha mai convinto troppo, sebbene sia piaciuto a più persone, fra cui il Maestro Olivieri, il cui parere tengo sempre in gran conto, Sta di fatto che nessuno ha mai manifestato desiderio d'acquistarlo, così lo tengo come testimonianza del periodo, di poco successivo alla ripresa del colore ad olio. Più significativi i due successivi 30x50, dipinti in momenti diversi ma con mood similare, tanto che li propongo in coppia, sempre senza successo. Quello sopra si intitola "Fine dell'orizzonte", ed è stato dipinto dopo l'altro, che s intitola "Una cert'ora", volendo rappresentare la luce diffusa che sfuma le ombre prima dell'alba, intento già presente nel primo lavoro in alto, una tempera del'94. Sebbene indubbiamente figurativi, possono essere considerati come quadri astratti, fermo restando che non dò nessun peso alle differenze di genere; mi piace però che si consideri l'effetto cromatico che ho usato nell'intento di dare luce e spazio, spazio che sia avvertito come sensazione, piuttosto che costruito con espedienti prospettici. Del resto, è mia convinzione che la prospettiva geometrica, con fughe punti ed orizzonte, non sempre ci faccia sentire lo spazio di cui, con pretese scientifiche, dà una rappresentazione, anzi, capita che architetture rappresentate applicando le norme canoniche, risultino bloccate, specie quando si tratta di prospettiva centrale, acquistando anche un aspetto metafisico. Penso allo studiolo, se non sbaglio, di San Gerolamo, dipinto con impareggiabile maestria ed accurata applicazione delle regole prospettiche, da quel Paolo Uccello che ne fu tra i massimi ricercatori, e lo spazio interno, così efficacemente rappresentato, mi appare accessorio alla rappresentazione dei molteplici oggetti ed animali raffiguranti la cosmogonia del santo in questione. Se penso invece ad un paesaggio di Hokusai, prima ancora che le piante, le rocce, le nuvole e gli uccelli illustrati, o le onde, mi vien da considerare l'aerea sensazione di spazio. Chiaro che il confronto nulla toglie alla grandezza di entrambi i Maestri, e la mia prosa inadeguata serve solo a dare idea di una ricerca sulla profondità di campo nella mia modesta dimensione, espressa nel titolo del quadretto dipinto per secondo: spiaggia, faro e barca danno misura delle distanze fra loro senza essere posizionate su direttrici congiunte all'orizzonte, che è fuori quadro, così come negli altri due lavori riportati. Il "piccolo battello verso sera" esclude l'orizzonte con una veduta a volo, e qui inizia una mia ricerca sulle ombre proiettate sull'acqua, che sto portando avanti con lavori più consistenti. Quello posto in fondo, è un lavoro di tre anni fa, un paesaggio totalmente inventato, di cm. 50x70, "luce sul mare" o "Il canto delle onde", di cui penso di potermi ritenere soddisfatto, mentre l'altro è un piccolo lavoro di ricerca, seguendo dei ricordi. Nella ricerca sono presenti anche luce e movimento, su un lavoro più grande mi piacerebbe considerare anche trasparenze e riflessi, tutti elementi fluidi, cercare attraverso la figurazione di arrivare ad una rappresentazione dove gli elementi siano riconoscibili al di là delle figure. Credo in questo modo di proseguire sulla strada iniziata dai futuristi, dispersasi nel delirio ultramodernistico e belligerante che ora, penso, rischierebbe il ridicolo troppo più di quanto lo rischiasse allora. Nè i futuristi erano scollegati da tutte le ricerche perseguite da secoli, da quando i cavernicoli evocavano sulla roccia la preda che colpivano nei loro riti propiziatori: è l' "eterno nella Pittura" rivendicato da Vincent Van Gogh.

domenica 12 settembre 2010

42 Meet Me at the River

Meet Me at the River
Olio su telea cm. 65x95
Finito nella prima metà di settembre, ma ridipinto su un quadro di anni fa, che non conviceva nè chi lo guardava, nè me.
L'intenzione originaria era di rappresentare una bella signora africana in un suo momento di giocoso relax, seguendo immagini che mi suscitava Miriam Makeba, quando danzando cantava, e raccontava le sue canzoni, di una delle quali ho usato il titolo. La figura domina il quadro, ma il taglio stretto non deve annientare l'ambientazione con sole, acqua e vento, che giocano sul grande telo, che avrei voluto con colori più carichi, presenza di nero nero, un disegno vivace e chiassoso, ma mi son trovato a mediare, per non soffocare lo scuro dell'incarnato. Non dico che non sarebbe stato possibile, dico che io non ci sono riuscito.
Anche la figura avrebbe dovuto essere più in carne, ma se non fai Rembrandt o Botero, è difficile far accettare figure sovrappeso. Difficile, non impossibile, ed io non sono perfetto, per di più non posso permettermi modelle in posa neanche per qualche fotografia, e raramente le foto, pur se molto ben fatte, del commercio, hanno la posa che mi serve, per cui l'immagine è "ricostruita" su ricordi di scuola, con l'aiuto di tavole anatomiche, fotografie, opere e soprattutto disegni di tutti quegli artisti che hanno magistralmente trattato la figura umana, con particolare attenzione a quella femminile.
In conclusione, credo di aver prodotto un lavoro valido, criticabile come tutti i lavori: i colori si armonizzano, la divisione e la direzione della pennellata evoca la danzante musicalità che cercavo, insomma penso che qualcuno potrà aver piacere di appendersi questo quadro al muro, anche senza la spiega mia o, il cielo volesse, di qualche critico.

lunedì 9 agosto 2010

41Il gattino rosso di Susanna

Il gattino rosso di Susanna
Pastello a olio su carta cm.50x70
Non ho dipinto gran che, ultimamente, due ore al giorno più sei-otto al sabato sono poche e la concentrazione ne risente. In compenso, riesco a ritagliarmi del tempo per lavorare col pastello ad olio, che, oltre a dare un buon surrogato della Pittura, si può sviluppare come forma autonoma, potendo lavorare più velocemente, senza le noiose attese per l'asciugatura.
Credo anche che prenderò delle barre ad olio, che sono più materiche, per ora ne sto usando una bianca che si rivela molto utile. In questo lavoro, per esempio, il denso strato di bianco mi ha agevolato il lavoro sul panneggio ed in parte sull'incarnato, inoltre la densa materia lasciata dall'oil bar è molto coprente e funziona magnificamente per brilli ed alteluci.
Ho operato su un cartone Fabriano liscio per disegno scolastico di cm. 50x70, copiando da a una foto pubblicitaria su una rivista femminile, vivacizzata con l'aggiunta del micio e la modifica dello sguardo.

lunedì 28 giugno 2010

40 Susanna e il lenzuolo a fiori





Susanna e il lenzuolo a fiori
Pastello a olio su carta cm.35x50
Per il mio genere di pittura, il pastello ad olio può servire a rendere velocemente un'idea di quello che potrebbe essere un quadro. La sua densa materialità permette di avere tinte cariche, sovrapponendo e raschiando con lametta o sgarzino, si può sfumare una tinta dentro l'altra, ottenendo una testura che richiama la tecnica divisionista. Nessuno stupore che Zandomeneghi riuscisse a creare le sue soffuse morbidezze, gli incarnati palpitanti, con un mezzo così elementare, o forse il suo era addirittura pastello secco. Si conferma una volta di più che è la qualità artistica dell'autore che determina il valore dell'opera, valore non di mercato, intendiamoci, quello è regolato da canoni autonomi, che non di rado tengono in nessun conto il valore artistico. Evito quindi di entrar nel merito, anche se nella vita pratica, come tutti, ne subisco il condizionamento. Concludendo, il pastello, è un mezzo semplice e generoso, oltre a gradevoli risultati immediati, offre spunti di considerazione sulla gestione del colore, essendo possibile ogni accostamento senza attese d'asciugatura e senza doversi porre il problema di compatibilità dei pigmenti, in modo da potersi permettere un'infinità di varianti, ripensamenti e correzioni.

domenica 27 giugno 2010

39 Riflessioni dopo la catastrofe

Pala per L'Aquila
Olio su tela cm.90x120
La bellissima terracotta rinascimentale, brutalizzata dal terremoto in modo rimediabile ma significativo sugli arti, attorniata dai vigili, richiama una pala d'altare, evocata anche dal titolo: "Pala per L'Aquila". Non conoscevo l'autore della statua, Saturnino Gatti, ed andandomene ad informare, scoprii che originariamente si trattava di una terracotta policroma, di cui il colore confondeva la delicatezza del modellato, che non esito a definire di gusto Botticelliano. Mi sarebbe piaciuto disegnarla dal vivo, rinverdendo i fasti dei miei anni a Brera, ma dovetti accontententarmi di una buona foto. L'idea di aggiungere il gruppo dei vigili mi venne per averli visti nella foto in questione, scattata sul campo, e comporlo come s'erano composti nei secoli gruppi d'angeli e santi fu naturale, come fu naturale usare per sfondo un abside semidiroccato, rifacentesi lontanissimamente alla Pala Montefeltro di Piero. Mentre lavoravo sulle macerie ai piedi della composizione, mi venne di pensare alla copertina di un disco di Frank Zappa, "We Where in It Only for the Money", dove, parodiando i Beatles di Sgt. Pepper, i Mothers of Invention posano su una discarica con notevole presenza di rifiuti alimentari, ed ho la sensazione che un qualche nesso ci sia, se pur molto remoto ed assolutamente involontario da parte mia, o meglio, dalla parte cosciente di me. Del resto, ho più volte sostenuto che una sorta di possessione guida il lavoro dell'Artista, in uno stato della mente che produce gli a solo di charlie Parker, come i versi di Cecco Angiolieri, e perdonate se oso intrufolarmi tra eccelse figure. Tornando al quadro, il pretesto per dipingere la bella Madonna, è un memento per la sciagura, ed un omaggio ai vigili del fuoco, per i quali nutro simpatia, sapendo che intervengono efficientemente e senza fanfare, come testimoniato dagli stessi superstiti dell'Aquila. Le mani troncate, che non possono nè pregare, nè benedire, denunciano l'inefficienza del Governo, che si sprecò, nella persona del Leader Maximo, in altisonanti promesse di ricostruzione, in buona parte disattese. Ma a breve periodo, Haiti fu colpita da un sisma più forte, che devastava ulteriormente un'isola già carica di umanità senza speranza. Il quadro non era finito, e fu ovvio dedicare il mio modesto segno, nella generalità delle sciagure, a quelli che portano soccorso dove serve, ponendo i Vigili del Fuoco come simbolo di quell'esercito disarmato che combatte contro la sofferenza. Mi rendo conto dei rischi che si corrono usando simbologie retoriche e toni celebrativi, ma penso che un quadro può fornire argomento di riflessione su eventi drammatici, che è giusto non dimenticare, come giusto è non dimenticare che è Pittura, quel che vado facendo. In questi ultimi giorni, oggi è il 3 di dicembre, stanno arrivando terrificanti notizie di una epidemia di colera nell'isola di Haiti, con resoconti di immagini infernali di una tragedia resa ancor più tragica da follie superstiziose, con presunti untori fatti letteralmente a pezzi, mentre adulti e bambini, soprattutto bambini, cadono decimati da un morbo schifoso che, dicono, potrebbe essere debellato semplicemente con acqua pulita, magari con un po' di cibo sano. Qualunque discorso rischia la banalità, e nessun dipinto d'immagine apocalittica potrebbe essere memento di questa e di tutte le altre disgrazie che straziano l'umanità, la parte più debole, mentre la parte ben pasciuta dovrebbe rinunciare a ben poco, per risolvere: mi risulta che ci siano impianti che dissalano l'acqua marina, installati negli Emirati del petrolio da industrie brianzole, si mandano uomini e mezzi, costosissimi mezzi, a far massacri per difenderci, dicono, da altri massacri, e solo sparuti gruppi di brave persone soccorrono quel che possono, quando una massiccia operazione, coordinata dagli abili strateghi che ogni nazione "civile" mette in campo, potrebbe, in poco tempo, e spendendo meno di quanto costa la più stupida delle guerre attualmente in corso, porre fine a questa guerra che l'umanità disperata continua a perdere, spesso senza poter combattere.

mercoledì 23 giugno 2010

38 L'ultimo ballo

Primo studio


Bozzetto gouache
Save the Last Dance for Me
Olio su tela cm. 90x110
L'idea m'era venuta guardando il clown di Hopper in mezzo ai commensali su una terrazza, dove nessuno si cura di lui, un'immagine di solitudine accettata con tranquilla consapevolezza che in qualche modo mi evocava le dolci melancolie di cui Fellini è maestro, con un sottofondo di valzer che arriva sussurrato da un grammofono fuori scena. Disegnai infinite volte la cameriera, che doveva avere un fisico appropriato, volevo che si abbandonasse danzando in un abbraccio immaginario, con lieve autoironia. Disegnando le sedie, poi, mi venne in mente anche un lavoro di Pina Bausch che danza circondata da sedie da cui cerca di liberarsi, inserito in non ricordo che film di Almodovar, forse "Parla con lei". Le mie sedie, però, non imprigionano la mia danzatrice, sono piuttosto un discreto pubblico per la sua gioviale solitudine. Pensando al titolo, mi venne in mente la canzone sambeggiante che avevo sentito da Sam Cooke, o forse era Smokey Robinson, in italiano la facevano i Rockes di Shapiro. Seppi in seguito che l'autore era un ragazzo sfortunato, che, costretto su una carrozzella, guardava la moglie divertirsi nella danza, aspettando con amorevole indulgenza di rincasare assieme a lei. Il valzerino alla Nino Rota fu quindi abbandonato per la tenera amarezza di quel testo sconsolato su un ritmo limbo, e penso che alla fine il quadro abbia relizzato quell'atmosfera sospesa che cercavo, ebbra nella brezza dell'ora lunare, dondolata sulle onde là fuori, mare o fiume, non importa sapere.